Festeggiate con MenSA gli ottanta anni di Andrea Camilleri
Camilleri e il cibo nel giallo "mediterraneo"
di Rino Pensato
[…] Senza dubbio con il creatore di Montalbano ci troviamo di fronte a un altro grande giallista, o contastorie, come egli preferisce, in cui la cucina è integrata pienamente - e a tutti i livelli - nella struttura narrativa. Si cucina, si mangia, si danno ricette, si evocano pranzi e cene straordinari, si parla continuamente di cucina, in Camilleri. Montalbano mangia, bene, e cucina, anche quando è costretto a mangiare da solo non rinuncia mai a prepararsi con grande cura un buon pasto.
Cosa si mangia in Camilleri? A parte due "ricette di Trieste", una "ricetta indiana" e un "polipi alla napoletana", tutto il resto è Sicilia, un inventano di oltre cento ricette, tra le quali non mancano naturalmente i "classici", più e meno noti, più e meno recenti, della cucina isolana: le paste (alle sarde, alla Norma, al forno), triglie, acciughe e polipi in tutte le salse, maiale, agnello e capretto, cassate e cannoli.
Cucina siciliana, dunque, ma anche per Camilleri vale il discorso fatto per altri due grandi autori "mediterranei", Izzo e Montalbàn: i richiami alla cucina mediterranea tout court e ai singoli apporti esogeni e scambi (secolari), oltre che rivelarsi, come in Izzo, nella presenza di piatti come il couscous di pesce, sta nella cucina siciliana così come si è fatta nei secoli e come la gustiamo oggi, ricca di "piatti di origine greca, araba, spagnola e di numerose altre civiltà mediterrane".
Come e dove mangia Montalbano? La risposta a questa domanda evidenzia, sotto questo aspetto, la matrice maigrettiana delle modalità sociali della sua alimentazione. Se, guardando al cosa mangia Montalbano, dobbiamo accostarlo a Izzo e, in misura minore, a Carvalho, le circostanze, i luoghi e i modi di assunzione dei pasti riconducono al Maigret tanto amato dal siciliano e, in misura minore, ancora a Izzo. L'ambiente domestico e familiare, rappresentato per Montalbano dalle famiglie di parenti, amici e colleghi, e quello dei ristorantini e delle trattorie "alla buona", tra i quali il celebre "San Calogero", e casa sua, sono gli ambienti prediletti dal nostro personaggio.
Una considerazione conclusiva sull'amatissimo autore siciliano.
In Camilleri, grazie all'enorme successo di pubblico, anche televisivo, la dimensione gastronomica delle storie, dell'ambiente e del protagonista, è stata percepita in modo, direi, naturale. E il fenomeno letterario ha avuto, come per pochi autori prima, delle ricadute, soprattutto sul grande pubblico dei suoi lettori e degli spettatori, a livello sociale, di moda, di lingua, di costumi, anche alimentari: quanti locali pubblici, siciliani e non, quanti cuochi dilettanti e domestici, hanno resistito alla tentazione di riproporre gli ormai "mitici" arancini di riso, senza mai riuscire, naturalmente, ad avvicinare quelli di Adelina?
Una triade non solo di grandi giallisti (diremmo tranquillamente di grandi scrittori, se solo non ci trovassimo a parlare del genere giallo o poliziesco), ma di grandi giallisti gourmet (gastronomi), quella formata da Camilleri, dal marsigliese Izzo e dal catalano Vàzquez Montalbàn, che basterebbero a definire la indiscussa supremazia della vocazione gastronomica più che del giallo europeo, proprio di quello mediterraneo, come già aveva sottolineato il greco Petros Markaris in una recente intervista. […]
Da: Rino Pensato. Tavola gialla. Il cibo nel romanzo poliziesco. In: Il giallo e il suo lettore. Libri polizieschi nelle biblioteche di Imola e Forlì. A cura di Renzo Cremante e Lidia Mastroianni. Bologna, Editrice Compositori-Istituto per i Beni artistici, culturali e naturali dell'Emilia-Romagna, 2005, p. 64-65.
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