Si conclude con la premiazione in Casa Artusi il 28 settembre il concorso dedicato da MenSA a Sergio Endrigo
Il Primo bicchiere di vino
Non staremo qui a ripercorrere la storia, interrotta per tristi motivi, del concorso “Il primo bicchiere di vino”, ispirato alla bellissima canzone di Sergio Endrigo. A settembre di quest’anno fanno tre anni che l’amatissimo Sergio ci ha detto addio o forse arrivederci. E finalmente, grazie a un suggerimento di Claudia Endrigo, che ci ha segnalato e “presentato” i Chantango (la nostra ignoranza e il nostro livello di aggiornamento sono imperdonabili) e approfittando dell’ apertura di Casa Artusi, abbiamo pensato che, con ovvi mutamenti rispetto al progetto iniziale, abbiamo deciso di portarlo comunque a compimento.
Così, nella serata della performance di Chantango e Gianluigi Cavaliere e Mauro Macario & c., dedicata peraltro a Sergio Endrigo, ci sarà spazio per la premiazione del concorso indetto da MenSA.
Tra i miniracconti pervenuti (anche da molto lontano, Argentina, Brasile, USA) la giuria, composta dalla redazione di MenSA, ha deciso di assegnare il premio a Paola Furlan.
Per la vividezza del racconto che, in poche righe sobrie, eleganti eppure accattivanti, sembra proporci uno di quei piccoli dipinti di genere del secolo d’oro della pittura olandese. Un quadretto di genere, dunque, un bozzetto, ma, se per non enfatizzare, accettate l’espressione, disegnato e colorato a regola d’arte.
Paola Furlan, che riceverà un cartone di vini pregiati, selezionati dagli esperti di Casa Artusi, è funzionaria dell’Archivio Storico del Comune di Bologna. Ha al suo attivo una importante bibliografia su Filippo Turati e altri libri e contributi dedicati alla storia moderna e contemporanea.
Del tutto casuale è il fatto che Paola Furlan sia bolognese d’adozione, ma originaria di Monfalcone e molto vicina, in tutti i sensi, come ci ha confessato – senza intenti adulatori di sorta- a Sergio Endrigo, che lei, grazie anche a suo padre, che glie lo faceva ascoltare sin da bambina, ha sempre amato moltissimo. Come – circostanza nota da tempo – tutti noi di MenSA.
Il racconto vincitore:
Abitavamo in periferia in una casa a due piani stile anni
Cinquanta come se ne vedono molte nel nord-est. Mio padre dopo la guerra
aveva trovato lavoro ai cantieri navali, il nonno con la nonna e lo zio
erano emigrati in Francia. La casa aveva un giardino sul davanti con due
alberi di caco e dietro un bel pezzo di terra dove il babbo aveva piantato
una piccola vigna.
Tutti gli anni alla fine dell'estate iniziavano i
preparativi. Si imbiancava la cantina, si riempiva il tino d'acqua per
gonfiare il legno, si prendevano accordi con il contadino per il prestito
della macina uva e per il torchio.
Il giorno della vendemmia era un giorno
speciale per noi bambini. Tutti avevano compiti precisi, le forbici, il
pezzo di filare da vendemmiare, il secchio per i grappoli.
Il babbo
presiedeva tutte le operazioni e dava gli ordini. L'uva finiva dentro la
macina sopra il tino e veniva passata attraverso i rulli per trasformarsi
in una poltiglia liquida e densa. La vinificazione era tutta artigianale
e il vino fermentava dentro il tino.
La cantina era calda e il profumo
dell'uva tanto intenso da non poter respirare.
Quando il tempo era
quello giusto, mio padre spillava una brocca e riempiva piccoli bicchieri
di vetro grosso.
Rosso, caldo, zuccheroso e con tante bollicine il mosto di allora ha il
ricordo del primo bicchiere del vino non ancora pronto, ancora giovane e
pieno di promesse, come in definitiva lo era il nostro futuro.
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