Nello scorso numero (MenSA - Culture e piaceri della tavola - n° 1-2, gen-feb. 2005) si è parlato, nell’ambito dell’alimentazione vegetariana, di alimenti orientali e misteriosi come agar-agar, assafetida, seitan, etc.; sconosciuti a gran parte degli “onnivori” e noti al mondo dei vegetariani.

Quando si guarda alla storia dell’alimentazione in generale, ci si rende conto che l’evoluzione dei prodotti gastronomici e delle loro preparazioni sono continue e ininterrotte durante tutto l’arco della storia dell’umanità. Per esempio, le culture gastronomiche regionali rappresentano il punto d’arrivo di una lunga tradizione di scambi¹. L’uomo è l’artefice dell’identità gastronomica; il tempo e le preparazioni tradizionali sono il mezzo per raggiungerla.
In ogni società gli ingredienti nuovi, mai utilizzati né sperimentati, sono sempre guardati con disappunto e diffidenza. Il solo pensiero di assaggiare qualcosa che non si conosce provoca un sentimento di ansia e paura, mentre il mangiare cibi noti dà sicurezza. Dunque provare nuovi cibi e cucine è spesso difficile, poiché l’estraneo fa paura, s’immagina subito qualche cosa di diverso, potenzialmente negativo, e a volte la scelta si riduce a una questione di coraggio².

Se si pone a confronto il regime alimentare onnivoro con quello vegetariano, ci si rende conto che il primo è giunto ad avere un’ identità regionale o nazionale specifica, mentre il secondo non ha questa caratteristica. E questo perché il vegetarismo, inteso in tutte le sue sfaccettature, è da intendersi come una scelta che va al di là del luogo fisico, e che diventa parte integrante dello stile di vita di chi lo pratica³. Così si può affermare che questo tipo di alimentazione è cresciuta nell’ottica di assimilare non solo ingredienti, ma anche preparazioni tradizionali e non, provenienti da culture e luoghi diversi, senza preoccuparsi troppo di rimanere ancorata ad una specifica tradizione.
L’assimilazione continua di nuove preparazioni e nuovi ingredienti rappresenta una necessità nel vegetarismo. La cucina vegetariana non chiede di avere coraggio e senso di sfida nell’utilizzare nuovi ingredienti o nell’assaggiare nuovi manicaretti, poiché di vegetali sempre si tratta anche se bisogna esser moderati nelle spezie (che, in eccedenza, possono mutare il gusto invece di esaltarlo).

La pratica vegetariana è dunque universale.
Partendo da questo presupposto, ritengo sia interessante indagare i molteplici aspetti che le ruotano attorno: dai motivi etico-religiosi, spirituali e sociali, a quelli salutistici, cosmetici, economici ed ecologici. I regimi alimentari vegetariani hanno origine come risposta alla valutazione etico-morale del proprio modo di concepire la natura ed il rapporto con gli altri esseri viventi, dai quali viene escluso in qualche modo il mondo vegetale. Il discorso sarebbe lungo e un approccio di questo tipo rischierebbe di rendere troppo difficile l’accostarsi a ciò che più semplicemente potrebbe essere un’integrazione di un regime alimentare vegetariano e universale ai nostri usi e costumi (alimentari) quotidiani.

Così nel tentativo di dare un’immagine nuova alla cucina vegetariana e uno sguardo più attento alle sue preparazioni, propongo una gustosa ricetta da sperimentare a casa: Avocado ripieni al forno, insaporiti con olio al peperoncino

¹Si veda l'introduzione a: La cucina italiana. Storia di una cultura, di Alberto Capatti e Massimo Montanari (Roma- Bari, Laterza).
²Deborah Lupton, L'anima nel piatto (Bologna, Il Mulino, 1999), p.182-191.
³Claus Leitzmann, Vegetariani, fondamenti, vantaggi e rischi (Milano, Mondadori, 2002) p. 5-8.