Miti sfatare
L'utopia della dieta mediterranea
di Paolo Puddu
Vi sono momenti nella vita che inducono alla meditazione e fra questi la comparsa di qualche acciacco, le sentenze mediche poco benevole o anche l'inconscia paura di ammalarsi. E' maturo il tempo di fare pure un bilancio delle abitudini di vita, degli abusi nell'alimentazione e nel fumo, dell' esposizione frequente agli stress, della pigrizia quotidiana: un vero e proprio esame di coscienza. Compare un insolito momento di timore nel constatare che la cintura stringe, che è spuntata una insolita stanchezza e che il corpo è trasformato dai rotoli di adipe. Nella nebbia dei pensieri pare di intravedere il pupazzo Michelin che vola sulle fiere e sui circuiti motoristici. Chi ha mai detto che "grasso è bello", che è simbolo di benessere e di potere? Raccontatelo ai tritoni e alle sirenette che emergono dalle onde, ai cultori delle discoteche o anche ai più maturi personaggi delle balere del liscio. Il popolo dei ciccioni in vena di redenzione arraffa le riviste del benessere ed i più colti fanno la fila negli studi dei dietologi o almeno si procurano manuali, rigorosamente americani, sulla alimentazione sana, genuina e soprattutto corretta. Riaffiora fra i ricordi dimenticati nella crapula il termine magico: la dieta mediterranea, il toccasana delle trippe.
Non tutti sanno che la dieta dei popoli mediterranei è stata, per così dire, inventata dagli Americani, che coniarono questa espressione all'inizio degli anni '60. Il vero responsabile fu un medico al seguito delle truppe alleate, il dottore Ancel Keys, che sbarcò dalle nostre parti nel 1945 a Salerno dopo la fine della seconda guerra. Costui si accorse che le popolazioni del Cilento avevano una minore incidenza di malattie cardiovascolari rispetto al suo paese. Questa osservazione stimolò gli epidemiologi, i contabili della scienza, che fra gli anni '50 e '70 confermarono questo dato e lo attribuirono alle abitudini dietetiche dei popoli che guardano quel mare che fu caro ad Ulisse e agli Argonauti.
Nacque così il concetto di "dieta mediterranea", che comprende quali alimenti fondamentali pane e pasta ogni giorno, olio d'oliva, pochi grassi di origine animale, poca carne o qualche pesce per la gente delle coste, frutta e verdura. Questa dieta sarebbe il toccasana per il cuore. Purtroppo la "scoperta" non tenne conto che non esisteva neppure allora una significativa differenza nella vita media fra paesi come l'Italia, la Grecia, la Germania, il Giappone e gli Stati Uniti. Quindi il mangiare mediterraneo non proteggeva da altre malattie altrettanto gravi di quelle vascolari e la spettanza di vita dei popoli con abitudini alimentari molto differenti risultava praticamente la stessa. Ora che la fame del dopoguerra è rimasta solo un ricordo dei sopravissuti è comparso il problema dell'obesità della popolazione d'Italia, seconda per sovrappeso solo ai tedeschi. Competizione poco piacevole se si pensa che l'obesità è sinonimo proprio di rischio cardiovascolare e che si associa spesso agli altri fattori quali il colesterolo, il diabete, l'ipertensione, lo stress ed altri meno noti.
L'esplosione economica degli anni '50 ha portato benessere anche alla gente del meridione, costretta per secoli ad alimentarsi con pane nero fatto di farine minori, grasso di maiale, molto diffuso in molte zone perché più economico, ortaggi e frutta anche secca. Il benessere ha poi privilegiato l'olio d'oliva, alimento dei ricchi, così come il pane bianco e la pasta con il suo condimento: prima solo pochi potevano permetterselo. Così le popolazioni del sud dell'Italia sono diventate più obese anche nei riguardi di quelle del nord, dimostrando che la dieta mediterranea, così cara agli epidemiologi del secolo ormai trascorso, è una utopia e forse non è mai esistita. La più recente rivoluzione culturale ha dimostrato, tra l'altro, che gli alimenti tipici della cucina mediterranea sono poco sazianti e quindi inducono a mangiare di più rispetto alle proteine della carne e del pesce ed ai grassi. Ciò provoca lo stimolo ad ingurgitare più pasta, poco saziante e, per di più, per essere gradevole al palato, condita a dovere almeno con olio e pomodoro e parmigiano: una bomba calorica. Se l'abuso di pasta e di pane bianco, che sono membri autorevoli della famiglia dei carboidrati, è eccessivo, ecco profilarsi in un vicino orizzonte il nemico obesità e l'aumento di rischio di ammalare di diabete. Queste considerazioni hanno prodotto una grande frustrazione per i gastrolatri e non solo mediterranei. Subito i ricercatori hanno stabilito delle distinzioni fra i vari tipo di carboidrati, utilizzando un parametro chiamato "indice glicemico". Si tratta della velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all'assunzione di un carboidrato, espresso in percentuale rispetto a 100 che è quello del glucosio. L'indice è determinato dalla velocità di digestione ed assorbimento del carboidrato in esame.
L'utilità di questo parametro è ancora controversa ed oggi si preferisce utilizzare nella dietetica il concetto del giusto equilibrio fra i tre macrocomponenti del cibo: carboidrati, proteine e grassi. Naturalmente ciò si deve associare ad un corretto apporto di cibo in termini di calorie introdotte secondo il fabbisogno individuale e tenendo conto del raggiungimento della sazietà. Così, in una dieta equilibrata il 50% delle calorie sarà fornito dai carboidrati, il 15% dalle proteine ed il 35% dai grassi, preferibilmente di origine vegetale e di pesce, meglio se azzurro, per via dei famosi Omega-3.
Rispetto alla cosiddetta dieta mediterranea vengono diminuiti del 10% i carboidrati ed aumentati del 10% i grassi. Meno pasta poco saziante quindi, che potrà essere sostituita da altri tipi di cereali (per es. orzo, avena, farro) per evitare di soffrire meno la fame e non ingrassare. Non insorgano i pastaioli ma gioiscano i cultori di cibi meglio conditi con un po' più di grassi. Non si trascuri poi una giusta attività fisica.
Negli ultimi venti anni il messaggio di scienziati, nutrizionisti e autorità politiche degli Stati Uniti è stato di dimagrire mangiando meno grassi e più carboidrati. Eppure il numero di adulti in sovrappeso è incredibilmente salito ed il peso medio dei giovani è aumentato di 5 Kg. Un altro mito si frantuma nelle acque mediterranee. La scienza ancora una volta si diverte a stupire. Basteranno un piccolo pesce turchino o una noce di Sorrento a salvare l'uomo dall'infarto?
|