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Indagine sulle abitudini alimentari dei giovani italiani
Dimmi come mangi e ti dirò che età hai
di Ginevra Corsaroli

La Fondazione Italiana Buon Ricordo, nata su iniziativa dell’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo e del Touring Club Italiano, presenta l'"Atlante per l'informazione alimentare”, progetto di informazione alla salute, alla sicurezza, alla cultura, ai valori e agli stili di vita per i ragazzi dagli 8 ai 14 anni.
Si tratta di una raccolta sistematica di opinioni e indicazioni a sostegno dell’educazione alimentare, ma anche una mappa delle criticità nelle scelte alimentari e un suggerimento di intervento per ridefinire il significato culturale del cibo e l’importanza dei corretti comportamenti dietetici, che vanno ben oltre la valutazione dei contenuti nutrizionali degli alimenti: un “viaggio” attraverso le abitudini alimentari dei ragazzi in età scolare, una fotografia della domanda, degli stili di vita dei giovani italiani e, contemporaneamente, del variegato sfondo educativo e delle scelte progettuali di scuole e istituzioni.

Struttura dell’Atlante per l’informazione Alimentare
L'"Atlante per l’informazione alimentare”, si articola inquattro parti: la prima presenta le motivazioni dello studio e il contesto in cui ha preso forma, la seconda offre una panoramica dei comportamenti alimentari odierni, soffermandosi sullo scenario conoscitivo di riferimento e le esperienze già realizzate, oltre ad illustrare le metodologie dell’indagine sul campo. Vi si descrivono le scelte delle famiglie, dei giovani e dei principali erogatori di cibo: i comportamenti alimentari, gli stili di consumo, preferenze nei confronti dei diversi alimenti, orari dei pasti e rapporto fra genitori e figli nelle scelte d’acquisto. La terza parte censisce ed esamina numerosi esempi di interventi strategici realizzati nelle varie scuole, comparandoli e suggerendo alcune linee guida. L’ultima parte, infine, espone le opinioni di quegli “osservatori” privilegiati che, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con l’universo del cibo e il complesso rapporto con esso: Anna Maria Testa, esperta di comunicazione e di pubblicità, Pietro Moni, docente di Diagnostica Nutrizionale presso la Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Milano, Carla Pasquinelli, ordinario di Antropologia presso l’Università Orientale di Napoli, Simona Donegani, psicologa, Gualtiero Marchesi, ambasciatore della cucina italiana nel mondo e Mario Bianchi, direttore generale di Milano Ristorazione S.p.A. La ricerca riporta in allegato tutti i questionari utilizzati.

abitudini alimentari dei giovani italiani

Metodologia d’indagine
I risultati sono stati esposti adottando due punti di vista: il primo evidenzia attraverso la lettura sociologica la distribuzione dei poteri decisionali in materia di scelte di acquisto dei prodotti alimentari, la cultura dell’alimentazione, le abitudini, le ritualità; il secondo legge gli stessi aspetti in termini di correttezza alimentare delle scelte effettuate. In generale, il rapporto illustra la presentazione dei fenomeni attraverso l’elaborazione dei dati empirici emersi dall’indagine effettuata sul campione di popolazione preso in esame.
Lo scenario conoscitivo è frutto di un lavoro di rilevazione che si è avvalso del prezioso, qualificato ed esperto contributo dei referenti regionali del Ministero della Pubblica Istruzione e ha permesso di individuare 450 scuole nelle quali si è realizzata l’indagine. Sui ragazzi che frequentano gli ultimi due anni di corso delle scuole elementari e l’intero ciclo della scuola media inferiore sono state effettuate 5702 interviste su un totale di popolazione di 2871509 individui. Sono state inoltre registrate 1000 interviste telefoniche alle famiglie rappresentative dell’universo delle famiglie dei ragazzi in età da 8 a 14 anni, sono state effettuate 21 interviste a responsabili mense dei comuni, ditte appaltatrici e responsabili ASL, segnalati dai responsabili regionali del Ministero della Pubblica Istruzione. Sono stati, infine, esaminati, comparati e valutati 50 progetti educativi, provenienti da tutte le regioni e realizzati nella scuola.

Contesto generale
In una società che si contraddistingue per un’aumentata sensibilità collettiva per il corpo e la sua bellezza, si stanno diffondendo comportamenti non sani in termini di quantità e qualità di cibo assunto. Una prima, basilare constatazione in questo senso riguarda l’importanza di valutare la “questione cibo” nella sua complessità merceologica, culturale e identitaria e la necessità di guardare con obiettività alla realtà socio culturale ed economica nella quale si colloca ineluttabilmente anche l’alimentazione, consapevolezza senza la quale è impensabile una progettualità realizzabile.
I giovani, target della ricerca, in particolare, sono spesso “protagonisti”, loro malgrado, di comportamenti scorretti nei confronti del cibo.  Tanto è vero che anche i ragazzi italiani, inaspettatamente, sono in lotta con la bilancia: il 35% sono in sovrappeso e il 10/12% sono obesi. Lo studio mette in luce i principali imputati di questa situazione: gli stili di vita sbagliati, una pubblicità seduttiva ma fuorviante, le informazioni invasive provenienti in particolare dalla TV e internet e, più in generale, la mancanza di una cultura diffusa sull’argomento. La preoccupante diffusione del sovrappeso e dell’obesità nei ragazzi è una questione di “stili di vita”, e non solo di “stile alimentare”, ed è, almeno in parte, attribuibile al fatto che la vita moderna promuove stili di vita estremamente sedentari, con livelli alquanto ridotti di attività fisica.

Risultati
In estrema sintesi, i dati che emergono dall’indagine configurano:

  • La diffusione di pasti brevi e “funzionali”, cioè meno soddisfacenti dal punto di vista del gusto e del piacere della commensalità
  • La promozione della cena a pasto principale, almeno dal punto di vista del tempo dedicato, la riduzione dei tempi di preparazione dei cibi
  • L’orientamento dei ragazzi verso cattive abitudini alimentari e prodotti industriali che comportano l’allentamento del nesso fra materie prime e processi della loro trasformazione in cibi
  • La diminuzione del consumo di certi cibi, come il pane, a vantaggio di prodotti industriali come biscotti

Per quanto riguarda il riscontro ottenuto dall’indagine dei back-ground familiari i principali risultati da constatare sono:

  • Un’elevata attenzione alla stagionalità e alla provenienza dei prodotti
  • La ricerca di alimenti il più possibile “naturali”
  • L’investimento, anche economico, nel cibo
  • Una certa “chiusura”, testimoniata dallo scarso interesse verso cibi di altre culture, dalla non frequente presenza di altre persone alla propria tavola e dalla bassa predisposizione a sperimentare.

Più nel dettaglio, la ricerca conferma che la famiglia resta il decisore degli acquisti, di cui la donna è il principale interprete. Il pranzo, che avviene ad orari fissi, ha una durata che va dal quarto d’ora ai 30 minuti per la metà delle famiglie intervistate, mentre alla cena sembra riservata una maggiore attenzione, anche per il ruolo catalizzatore della riunificazione familiare svolto dalla televisione.
Le scelte delle famiglie non esprimono solo una esigenza alimentare, ma un insieme di richieste di cui fanno parte il risparmio dei tempi di produzione e di consumo: una vera corsa contro il tempo sia in termini di acquisto che di ricette, di organizzazione e produzione che spesso comporta il ricorso a cibi la cui preparazione è basata sul risparmio del tempo. In questo senso è molto frequente l’uso di surgelati e prodotti pre-confezionati, pre-cotti, pre-lavati.

abitudini alimentari dei giovani italiani

Cibo e territorio
La ricerca rileva una certa indifferenza nei confronti della storia e della provenienza dei cibi: si sono spezzati i vincoli fra cibo e territorio. Se la maggior parte dei ragazzi riescono a ricondurre all’esatto luogo d’origine un must della alimentazione italiana come il parmigiano reggiano, non sanno fare lo stesso per tipicità leggermente meno note: sono le prime generazioni della globalizzazione, segnate dalla perdita della sapienza gastronomica, del legame con il proprio territorio in virtù di un’omologazione e di un “nomadismo” alimentare. Per buona parte dei cibi viene a cadere il gusto della cultura di un territorio in quanto avanza la diffusione di un modello standard, globale, connesso alla produzione industriale del cibo stesso: ne consegue una certa omologazione gustativa.
La popolazione intervistata conserva una consapevolezza del gusto e della cultura locale solo quando le condizioni lo consentono (ristoranti,festività ecc.) per orientarsi invece nel quotidiano al consumo industriale inteso nella sua complessità di contenuto dei cibi e di stile di consumo e alimentazione.

Tipologie di alimenti e criticità alimentari
L’indagine condotta nei ragazzi che frequentano gli ultimi due anni di corso della scuola elementare o l’intero ciclo della scuola media inferiore e dei nuclei familiari intervistati ha evidenziato delle abitudini alimentari e delle preferenze per i diversi tipi di alimenti sostanzialmente corrette nella maggior parte dei ragazzi, con, tuttavia, alcuni margini di miglioramento.
In quasi un quarto dei casi i bambini non mangiano verdura, né a pranzo né a cena e in un altro quarto il consumo è effettuato in uno solo dei due pasti; scarso è anche il consumo di frutta, spesso scelta come merenda e sporadiche sono le occasioni di consumo di pesce. Si rileva invece un’alta preferenza per i salumi a scapito di legumi e uova, mentre la carne rappresenta il secondo più diffuso. Il consumo della pasta è quasi quotidiano, mentre nettamente meno frequente è il consumo di riso; lo stesso vale per i primi in brodo e per le zuppe di cereali: più della metà degli scolari non consuma mai zuppe di cereali, e chi le consuma lo fa raramente.
Pur in presenza di uno scenario complessivamente abbastanza positivo vanno segnalati anche alcuni punti di criticità: uso di salse, consumo di cibi fritti, abitudine di consumare bevande gassate durante i pasti, diffusione di alimenti fuori pasto, soprattutto per quanto riguarda i dolciumi.
Il 79.7% delle famiglie fa uso di prodotti surgelati mentre è più limitato l’uso di prodotti pronti non surgelati. Meno della metà delle famiglie fa uso di prodotti biologici, ma con una frequenza piuttosto elevata.
Molte famiglie vanno fuori a mangiare almeno una volta al mese; a parte la pizzeria, che è in testa alle preferenze per ragioni di economicità e di gradimento da parte dei bambini, prevale la scelta tradizionale (ristorante italiano, osteria, trattoria).

La segmentazione per ciclo scolastico
Sono stati osservati cambiamenti piuttosto preoccupanti nel passaggio dalla scuola elementare alla scuola media: con l’aumento dell’età, infatti, sembra diminuire la regolarità nelle abitudini alimentari, come quella di fare colazione e  merenda a metà mattina e a metà pomeriggio, così come si tende a consumare un solo piatto, il primo o il secondo, in  entrambi i pasti principali. Oltre alle abitudini, cambiano anche gli alimenti: si riduce il consumo di verdure e di riso e si perde, in molti casi, l’abitudine a consumare il primo piatto in entrambi i pasti principali e anche a mangiare un secondo piatto sia a pranzo sia a cena

Comportamenti e scelte della popolazione scolastica proveniente da altri paesi
Gli scolari provenienti da altri paesi rappresentano il 7% del totale e sono meno orientati a consumare la prima colazione e ancora meno a consumare una merenda a metà pomeriggio. Rispetto a quelli italiani, è meno frequente fra questi studenti il consumo della pasta, a favore del riso. I ragazzi provenienti da altri paesi fanno un uso maggiore di salse per accompagnare i secondi piatti e hanno l’abitudine di mangiare cibi fritti quasi tutti i giorni della settimana, oltre a frequentare i fast-food con una frequenza maggiore rispetto agli studenti italiani.

Cibo e geografia, cibo ed istruzione
Le differenziazioni di comportamenti alimentari fra le diverse aree geografiche della penisola non sono generalmente significative, fatta eccezione per :

  • la maggiore attenzione al Sud nei confronti della tradizione regionale e della provenienza dei prodotti rispetto ad una maggiore apertura al nuovo riscontrata al Nord
  • più tempo dedicato mediamente al pranzo nel Centro-Sud (più tempo alla cena. al Nord)

Se le differenze di abitudini alimentari nel consumo dei primi piatti fra le diverse aree del paese emergono in misura inferiore a quanto ci si potesse aspettare, la ricerca rivela un nesso esplicito fra il livello di istruzione dei genitori e le scelte alimentari: livelli di istruzione più alti, ad esempio, sono caratterizzati da un poco frequente utilizzo di cibi grassi, fritti o dolci, all’esplicita attenzione alla qualità del cibo, all’orientamento verso la semplice cucina mediterranea e al consumo conviviale del cibo con inviti a casa di altre persone.
Tuttavia, l’utilizzo dei “cibi della fretta” come surgelati o prodotti pretrattati e di rapida preparazione sono molto richiesti proprio dal segmento di famiglia con istruzione medio alta, dovuta all’impegno sul mercato del lavoro della madre.

Mense scolastiche e scelte alimentari
A compensazione della perdita della territorialità, la ricerca segnala una preferenza per la cucina locale e la cucina domestica rispetto alla mensa scolastica che è utilizzata dal 26% delle famiglie e diffusa maggiormente nelle città che superano i trentamila abitanti.
Generalmente, i menù studiati per le mense scolastiche sono organizzati su quattro settimane e si ripetono mensilmente. Nella quasi totalità dei casi sono differenziati a seconda dei diversi cicli di studio (asili nido, scuole materne, elementari, medie e superiori), anche se, in più della metà dei casi, la differenza riguarda solo il potenziale calorico del piatto servito.
Per quanto riguarda la strutturazione dei pasti, nella maggior parte dei giorni scolastici è offerto un pasto completo. E’ generalmente prevista la sostituzione della frutta con un dessert, periodicamente oppure in occasioni particolari come le festività. La sostituzione del primo e del secondo piatto con un piatto unico è una scelta (comunque molto bassa) che viene adottata in tutti i casi analizzati del Nord Italia coerentemente con alcune ricette locali, raramente al Centro, e in nessun caso al Sud.
I prodotti biologici, coltivati in relazione alla rotazione delle colture ed evitando il ricorso a mezzi chimici di sintesi, risultano da questa indagine largamente inseriti nei menù delle mense scolastiche. Quelli maggiormente utilizzati sono la frutta, la verdura e i legumi, oltre a yogurt e latticini, pasta, riso, farina e olio. Non è mai di origine biologica il pesce, e, in molti casi, la carne per problemi di reperibilità, anche se, spesso, è certificata e di filiera italiana.
Per quanto riguarda le categorie di prodotti acquistati freschi o surgelati, la situazione che emerge è molto omogenea: in quasi tutti i casi, infatti, vengono acquistati freschi la carne, i formaggi, latticini, la frutta e la maggior parte della verdura, mentre i prodotti acquistati surgelati sono il pesce e alcune verdure da consumare cotte, in particolare fagiolini, spinaci e piselli. Le piccole ditte di ristorazione si servono  maggiormente di prodotti freschi.

Progetti scolastici
I meccanismi economici della società attuale hanno ridotto il ruolo della famiglia nell’educazione dei figli che trascorrono gran parte della giornata a scuola dove, proprio per questo, si percepisce la necessità di una trasformazione e di una riqualificazione dell’apporto educativo. È in questo scenario complesso che sono stati sviluppati la cinquantina di  progetti su alimentazione, cultura e salute,  che sono stati pure presi in esame dall’indagine. Si tratta di 50 progetti provenienti da tutte le regioni italiane, che possono essere raggruppati in base alla principale tematica di riferimento:

  • Alimentazione e cultura: progetti che correlano l’alimentazione con l’origine dei prodotti primari, la loro tradizione, la loro storia e la salute.
  • Stili di vita: progetti con l’obiettivo di aumentare le conoscenze e la consapevolezza di alunni, insegnanti e famiglie, affinché assumano comportamenti  basati su scelte razionali.
  • Salute: progetti che favoriscono l’acquisizione di maggiori conoscenze e di strumenti per una gestione corretta dell’alimentazione e del peso.
  • Conoscenza degli alimenti: progetti finalizzati alla conoscenza della composizione nutritiva degli alimenti, delle norme per la trasformazione, conservazione e consumo e dei parametri per riconoscere e valutare la qualità dei cibi.

Limitandoci, in questa sede, all'atteggiamento (e quindi non ai limiti) assunto nelle strutture scolastiche nei confronti dei progetti, possiamo rilevare che esistono le condizioni culturali e professionali che possono consentire alla scuola di sperimentare non solo una nuova metodologia didattica, ma anche un nuovo modello formativo che individua nella alimentazione il filo rosso della sua progettualità.
In termini educativi i due macro obbiettivi conseguibili riguardano:

  • L'assunzione dei comportamenti alimentari consapevoli, l'analisi del nesso tra alimentazione e ambiente, lo sviluppo di una cultura critica del consumo alimentare;
  • L’acquisizione, nei termini della multidimensionalità che è propria della realtà sociale, delle conoscenze altrimenti frammentate del tradizionale approccio pro materie.

Esperti e professionisti
Il progetto è stato condotto da un gruppo di esperti e professionisti che ha operato in modo pragmatico, non rinunciando alla dialettica, ma evitando ogni soggettivazione espositiva e interpretativa e privilegiando i punti di vista comuni. Un metodo applicato in modo estremo, al punto che, pur essendo possibile l'attribuzione dei singoli segmenti ai diversi autori (Raffaella Baraldi, sociologa; Maria Teresa Manara, insegnante; Diana Scatozza, dietologa; Paolo Teverini, cuoco) si è preferito, sottolineando la collaborazione a più mani ai diversi capitoli, riconoscere solo a Vittorio Bossi (statistico, esperto di ricerche di mercato) e a Graziella Caraffa (esperta di comunicazione, marketing sociale, stili di vita) il ruolo di coordinatori specificamente della parte di documentazione statistica e di rilevazione della domanda e dei comportamenti alimentari per il primo, e della parte relativa alla valutazione delle esperienze educative realizzate per la seconda.

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