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Mappa della memoria enogastronomica
I Musei del Gusto
Cultura Gastronomica Italiana

Riportiamo, per gentile concessione, la presentazione del libro I Musei del Gusto dal sito di Cultura Gastronomica Italiana

Un viaggio attraverso i musei che conservano e raccontano gli oggetti e i saperi dell’enogastronomia italiana.
L’intento del libro oltre quello di offrire ad addetti ai lavori e non una panoramica sui musei è stato di dare una risposta a tre domande che stanno molto a cuore a Cultura Gastronomica Italiana. Ci siamo chiesti fin dall’inizio della nostra esperienza se era possibile parlare di enogastronomia alla pari delle altre espressioni culturali; se fosse possibile riflettere sulla nostra tradizione non in termini si superiorità/inferiorità, utilizzando il termine identità in modo positivo; e infine su come era realizzabile una mappa della memoria alimentare in Italia senza congelare la cultura gastronomica in una stereotipizzazione forzata e irreale, ad uso e consumo solo del pubblico e non del cittadino.

 Musei del  Gusto Al primo quesito ha risposto molto accuratamente, cogliendo il frutto della sua ricerca di storico, Massimo Montanari, docente di Storia dell’Alimentazione all’Università di Bologna, ribadendo nell’introduzione al libro quanto affermato in un suo recente lavoro: il cibo è cultura. A nessuno è mai sfuggita l’importanza delle ragioni del gusto, e dello stomaco, nella vita dell’uomo e di come approvvigionamento e produzione dei cibi abbia determinato gli accadimenti storici alla pari di idee e avvenimenti politici. Quello che si è arrivati a riconoscere abbastanza tardi è come tutto quell’insieme di saperi e tecniche, di interazioni profonde tra uomo e ambiente che costutuiscono il percorso del cibo facciano parte a tutti gli effetti della cultura dei popoli. Montanari sostiene, a suggellare questa grande presa di coscienza della società, che “le ragioni del corpo hanno finalmente fatto breccia nella nostra visione del mondo e della storia () le ragioni del corpo portano con se anche quelle dello spirito, poiche non esistono cose senza simboli, né simboli senza cose.” Ma perchè, dunque, partire per un viaggio alla scoperta di questi musei dell’enogastronomia? I musei del gusto, seguendo sempre il ragionamento di Massimo Montanari, parlano di cose ma anche di simboli: parlano del significato che alcuni prodotti hanno assunto nella nostra civiltà, un caso emblematico è quello dei molti musei del vino, ma anche dell’estetitica legata al loro consumo, il Museo Internazionale delle Etichette del vino per esempio, e degli oggetti indispensabili alla loro lavorazione. I Musei del gusto rappresentano in qualche modo una porta di accesso alternativa ai luoghi in cui sono compresi, offrono la possibilità di capire il senso di un territorio, di toccare con mano i rapporti che ogni socetà ha intrattenuto con l’ambiente circostante. Anche le forme che si danno i musei rispecchiano in qualche modo le loro caratteristiche fondanti: i musei diffusi illustrano sistemi produttivi territoriali e fotografano una realtà che spesso coinvolge l’intera comunità e di “diffonde” nel territorio, i musei della cultura del lavoro che pongono l’attenzione sui saperi e sulle forze che hanno plasmato il territorio e costruito mattone dopo mattone la storia dell’enogastronomia e, aggiunge Montanari, della fame. I musei aziendali, di grandi o piccole realtà sono un capitolo interessante perché si intrecciano molto profondamente con la storia del Novecento, unendo al cibo e al bere temi come il design e la pubblicità, costituendosi come uno specchio del cambiamento dei consumi.

A cercare una risposta alla seconda domanda dedica invece il suo contributo di Massimo Negri, direttore dell’European Museum Forum, cercando di definire una possibile identità europea a partire dalle collezioni museali. Negri parte da una domanda retorica molto semplice: cosa accomuna un signore di Reykjavick con una studente dell’Università di Edirene nelle Turchia europea? Questa domanda si potrebbe formulare, ottenendo, senza un approfondita problematizzazione, una risposta negativa, anche riducendo lo scarto geografico fra i due estremi: cosa accomuna un bretone e un siciliano, un portoghese e un contadino polacco? La risposte di primo acchitto potrebbero essere molte e sembrare tutte giuste: la comune radice cristiana, non proprio condivisa dallo studente di Edirne e dalle Banlieu parigine; comuni caratteristiche geografiche, e qui il signore di Reykjavick avrebbe qualche dubbio. Si potrebbe continuare quasi all’infinito ma un senso di insoddisfazione definitoria prenderebbe il sopravvento. La vera identità europea risiede nel patrimonio culturale, tangibile e intangibile, che ha plasmato lo spazio umano e quello dell’ambiente e nel modo di rapportarsi ad esso. Risiede nelle abitazioni rurali come nelle grandi cattedrali, nelle attività della campagna come nelle aule delle università ed è rappresentato da quelle infrastrutture della conoscenza che sono i musei, le galerie e tutti quei luoghi dove il sapere e le tradizioni non sono uno strumento per riconoscersi esclusivamente ma per conoscere inclusivamente. Il contributo principale a questo approccio viene da quel patrimonio intangibile, spesso di difficile definizione, di conoscenza ed esperienze legati al saper fare, al saper capire e studiare un dato elemento. I musei del gusto sono per loro natura musei di cose ma anche di simboli, di interpretazioni e di pratiche. Museo dove per Negri si possono incontrare tutte le dimensioni dell’esperienza museale in forme stimolanti e che possono intendersi come prèsidi di un vastissimo patrimonio di oggetti duraturi e di esperienza.

Alla terza ed ultima domanda danno una risposta la scansione dei musei e la postfazione di Madel Crasta, Segretario generale del Consorzio BAICR Sistema Cultura e ideatrice di Cultura Gastronomica Italiana. Alla fine di questo lungo viaggio in Italia ci si rende conto di aver svolto un percorso attraverso le mille identità del paese, guidati da chi ha svolto la ricerca ed è stato attento a non creare un repertorio acritico di musei ma una collezione in fieri di luoghi particolari e differenti gli uni dagli altrio. I Musei del Gusto individua, nel loro rapporto con lo spazio e con il tempo, quei luoghi della memoria che hanno la capacità di allargare il proprio orizzonte fino a comprendere il paesaggio umano e naturale e quindi, in qualche modo, lo spirito di un territorio. Storia dell’agricoltura, storia d’impresa, storia locale ed economica sono gli ingredienti che fanno dei musei del gusto una delle realtà più interessanti e potenzialmente in maggiore espansione. E’ anche la domanda di nuove forme di comunicazione culturale che spinge quaesto settore che con il suo patrimonio di oggetti, antichi mestieri e saperi stratificati ci rende in qualche modo meno soli e certi che dietro di noi ci sia un percorso lungo, fatto di conoscenza e lavoro, che ci prepara a quello futuro.

I Musei del Gusto. Mappa della memoria enogastronomica, Cultura Gastronomica Italiana (Pescara, Carsa Edizioni 2007) Per avere informazioni sulla pubblicazione e per acquistarla scrivete a culturagastronomica@baicr.it o chiamate lo 06 68210955

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