Storie liquorose
Il fernet
di Piero Valdiserra
“Se riesci a immaginare che cosa si prova venendo colpiti violentemente sul naso con un pugno mentre si ha in bocca una caramella per la tosse, ti puoi fare un’idea dell’indelicata impressione che il Fernet fa la prima volta che lo si assaggia”. Oppure: “La prima volta che lo senti ti viene da dire: aaargh! Quest’ affare è assolutamente orribile!”. O ancora: “All’inizio è terribile, ma dopo cinque minuti – è sorprendente – ti senti molto meglio. A questo punto è ora di berne un altro”. Non impressionatevi: sono i commenti raccolti a caldo in alcuni bar di San Francisco, dove il Fernet italiano è diventato negli ultimi anni un’autentica bevanda cult.
Chissà se l’erborista autodidatta Bernardino Branca era consapevole del grandissimo successo internazionale che il suo elisir avrebbe conosciuto col passar del tempo…Si era a Milano, in una casa che ancora esiste in Corso di Porta Nuova, nel lontano 1845: Bernardino Branca creò un nuovo amaro, e dopo averlo prudentemente sperimentato in famiglia iniziò a commercializzarlo assieme ai suoi tre figli, Luigi, Giuseppe e Stefano, aiutati dalla nuora Maria Scala, moglie di Stefano. Il nome “Fernet” (dal milanese fer net, cioè “ferro pulito”) venne coniato allora, in omaggio, pare, alle apparecchiature in metallo scintillante utilizzate nella lavorazione del prodotto. In quegli anni pionieristici non mancarono comunque versioni alternative, che contribuirono a creare un alone di leggenda attorno al neonato liquore: dapprima il fantasioso Bernardino attribuì la formula a un certo Dottor Fernet, svedese, poi a una setta clandestina di frati che vivevano in un remoto eremitaggio alpino...
Come che fosse, il Fernet Branca si propose da subito come amaro dalle mille virtù. Maria Scala lo promosse saggiamente fra le amiche e fra tutte le signore della Milano bene come lenitivo dei dolori mestruali.
All’apparire di alcuni focolai di colera, Bernardino Branca ne preparò un buon quantitativo e lo offrì all’ospedale ambrosiano Fatebenefratelli, che lo testò sugli ammalati: il risultato fu clamorosamente positivo, e le mura di Milano vennero tappezzate da manifesti di elogio pubblico. In quello stesso periodo il Fernet venne lodato e pubblicizzato per la sua capacità di aiutare la digestione, impedire le irritazioni nervose, stimolare l‘appetito, curare gli attacchi di ansietà, ridurre la febbre, attenuare i dolori di stomaco e di testa e rallentare gli effetti dell’età.
Nel corso del XIX secolo la distribuzione del prodotto crebbe sensibilmente, anche grazie all’utilizzo delle prime forme di pubblicità al consumo. Alla fine dell’Ottocento l’illustratore Leopoldo Metlicovitz disegnò l’emblema che compare tuttora nell’immagine aziendale: un globo terracqueo sormontato da un’aquila, che regge con gli artigli la portentosa bottiglia. Simbolo, si disse allora, della lungimiranza imprenditoriale dei Branca.
Il Fernet cominciò a essere commercializzato anche in diversi mercati europei. Negli Stati Uniti e nel Centro e Sud America la bevanda arrivò nelle valige degli immigranti italiani, e col tempo e con l’aumentare delle vendite sorsero i primi agguerriti concorrenti (p.es. Stock, Luxardo), oltre a decine di imitatori di più dubbia qualità. A più di 160 anni dalla sua nascita, il Fernet è oggi conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.
Come si produce il Fernet? La ricetta completa è ancora un segreto, ma dagli uffici della Branca si viene a sapere che gli ingredienti sono 27 erbe raccolte in 4 continenti, fra cui l’aloe, la genziana, il rabarbaro, la mirra e la china rossa (più altre spezie decisamente esotiche, come il colombo, la galanga e la zedoaria). Tutti questi componenti vegetali vengono in parte macerati a freddo, in una miscela di acqua e alcool, e in parte a caldo, mediante infusione. Dopo un opportuno filtraggio, il tutto viene unito a zucchero e ad altro alcool e posto a maturare, per oltre un anno, in botti di rovere. Trascorso questo periodo si passa all’imbottigliamento. Il risultato è un liquore denso e scuro, con bagliori verdognoli alla luce, dal sapore decisamente amaro.
Come si degusta il Fernet? Il modo migliore è anche il più classico: completamente puro e a temperatura ambiente, in un piccolo bicchiere a stelo. Eccellente correttivo del caffè, in estate il Fernet diventa un’ottima bibita dissetante con l’aggiunta di acqua minerale ghiacciata. Da qualche tempo viene poi impiegato anche per la preparazione di cocktail. Consumi di tendenza? A San Francisco il Fernet viene oggi bevuto alternandolo a bicchierini di ginger ale; in Argentina, dove ogni anno si consumano milioni di bottiglie del bruno elisir, il mix Fernet e cola è una specie di bevanda nazionale.
Un’ultima curiosità. Negli Anni Sessanta del secolo scorso, in pieno boom economico, i giovani cominciarono a chiedere il Fernet con un po’ di sciroppo di menta. Fedele al suo motto storico di novare serbando (cioè, innovare nel rispetto della tradizione), la Branca prese spunto dalla nuova moda per creare il Brancamenta, versione aromatizzata alla menta del classico Fernet Branca, che fin dal suo lancio conobbe un enorme successo estivo, servito liscio e con l’aggiunta abbondante di ghiaccio.
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