Editoriale
Divagazioni fra storia e cucina
I bigoli: un dono di Marco Polo?
di Giancarlo Roversi
Tipici del Veneto, i bigoli (il nome va sempre usato al plurale) sono un tipo di pasta, oggi sempre più raro, di colore abbastanza scuro - almeno nella versione più tradizionale, artigianale o casalinga - simile ai vermicelli di buono spessore, ma da non confondere assolutamente con i tradizionali spaghetti che tutti conosciamo. Se ne ignora l'origine precisa anche se qualcuno vuole attribuire il merito della loro introduzione all'eroe veneziano per antonomasia, a Marco Polo, che li avrebbe portati in Laguna dalla lontana Cina.
Circa l'etimologia del nome c'è chi, come Felice Cunsolo, propone una derivazione da bisa - biscia in idioma veneto - a causa della loro lunghezza e sinuosità, un'ipotesi che appare però poco convincente. Più verosimilmente il bandolo della matassa va ricercato negli omonimi bastoni di legno, leggermente ricurvi e muniti di uncini alle due estremità, usati un tempo dai "bigolanti" per trasportare, con le loro leggere barche, capienti secchi d'acqua nel dedalo di isole che compongono il centro storico di Venezia, quella stessa acqua di cui non di rado erano avari i pozzi esistenti nei campi, nei cortili e presso i grandi palazzi.
Questi bastoni erano talora utilizzati, al pari delle stanghete, come supporto per fare asciugare i bigoli di produzione domestica.
Piatto tipico quaresimale, questo tipo di pasta era spesso accompagnato con le sardelle durante i giorni di digiuno e astinenza dalle carni. Nella Bassa Veronese costituiva il pasto unico della vigilia di Natale. Per antica tradizione nel Vicentino i bigoli con l'anara (cotti nel brodo d'anatra) hanno sempre rappresentato il pranzo della festa della Madonna del Rosario il 7 ottobre: "Anara lessa e bigolo tondo per Rosario contenta il mondo". In molte località del Veneto i bigoli in salsa di acciughe e cipolla venivano consumati il giorno delle Ceneri.
Secondo la ricetta originale la pasta, composta di acqua, sale e farina di grano tenero, deve prima essere spezzata a tocheti, a pezzi, che vanno "tirati" nel bigolaro o torcolo o torcio, un cilindro munito di manovella a vite con una piastrella per regolare le dimensioni dei bigoli - grossi, piccoli o medi - che debbono essere lasciati indurire in attesa di venire consumati.
I bigoli più scuri sono fatti di farina integrale mentre, in versione moderna, esistono anche tipi con l'aggiunta di uova o fatti con grano duro o, perfino, bucherellati.
Marco Polo e il Gran Khan
|