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Viaggio fra i distillati
Frutta da... bere
di Piero Valdiserra Frutta da... bere

Se sfogliate anche distrattamente la pubblicistica enogastronomica di oggi, scoprirete che quello di "territorio" è un concetto molto discusso, promosso, valorizzato. Il legame strettissimo fra i prodotti e il loro luogo d'origine è la base storica della loro tipicità ed è - e può diventare sempre più - la base economica per la loro affermazione commerciale, soprattutto sui mercati internazionali.

Nel settore della distillazione il radicamento al territorio non è una moda, ma è da sempre una convinzione profonda, diremmo quasi una necessità. Nel corso dei secoli la gente ha distillato ciò che aveva a portata di mano. Per questo nei Paesi mediterranei, dalla Spagna alla Francia, dall'Italia alla Grecia, le materie prime della distillazione sono stati il vino e i suoi derivati: così sono nati brandy, cognac, armagnac e grappe. Nei Paesi nordici invece, laddove il clima non era favorevole alla coltivazione della vite, al posto di vino e vinacce sono stati impiegati i cereali, che hanno dato origine ad esempio ai whisky delle isole britanniche e alle vodke dell'Europa Orientale.

C'è un'altra materia prima, storicamente e geograficamente ben localizzata, della quale meno si parla a proposito di acquaviti, a dispetto della sua evidente importanza. Parliamo della frutta, quella impiegata per la produzione di molte acquaviti cosiddette "bianche" a causa del loro colore trasparente e del loro ridotto (o assente) invecchiamento. Le aree tradizionali di provenienza dei migliori distillati di frutta sono i Paesi di lingua tedesca (Germania, Svizzera e Austria), cui si aggiungono le loro più vicine propaggini geografico - culturali: le regioni francesi in prossimità del Reno, cioè Alsazia e Lorena, l'Alto Adige italiano, gli ex territori dell'antico Impero Austro - Ungarico, come l'Ungheria, la Slovenia e la Croazia.

Nei tempi andati, la frutta di scarto che era caduta a terra, o che era stata danneggiata dalla grandine, oppure che aveva raggiunto una surmaturazione indesiderata, veniva fatta fermentare e quindi distillata, per ottenere acquaviti casalinghe da usare come digestivi o come corroboranti contro i rigori del clima. Oggi i distillati di frutta sono prodotti soltanto a partire daBolkovica frutti perfettamente sani e aromatici. Il processo di produzione prevede che la frutta venga lavata, sminuzzata e, talvolta, privata dei noccioli; dopodiché segue la fermentazione, che dà luogo a una sorta di "vino di frutta" che viene poi distillato, una o due volte. In altri casi le bucce e/o la polpa della frutta vengono sottoposte a infusione o macerazione alcolica, cui fa seguito la distillazione. Dopo un adeguato riposo, i distillati vengono portati alla gradazione alcolica desiderata con l'aggiunta di acqua demineralizzata, e vengono quindi lasciati ad affinarsi prima dell'imbottigliamento. Quest'ultima fase è normalmente condotta in contenitori neutri, come ad esempio vasche d'acciaio, damigiane di vetro o botti di frassino, in modo da non influire sull'aspetto cristallino delle acquaviti e soprattutto sui loro delicati aromi primari. La qualità e la freschezza della frutta sono fondamentali per la bontà di questi distillati. Le varietà maggiormente impiegate sono l'albicocca (che dà luogo alla celebre Barack Pálinka ungherese), la ciliegia (che in tutti i Paesi di lingua tedesca viene impiegata per produrre il Kirsch), la fragola, il lampone, la mela, la susina gialla Mirabelle, la mora, la pera (soprattutto del tipo aromatico Williams), la prugna (che nei Paesi balcanici viene usata per distillare la robusta Slivovitz).

In Italia alcuni dei più classici distillati di frutta provengono, come si diceva, dall'Alto Adige: ad esempio l'Obstler, che si ricava dalle eccellenti mele locali, oppure il Birnenbrand, ottenuto dalle pere. Una terza acquavite è invece friulana, ed è invenzione recente, con tanto di data di nascita (1984): si tratta dell'acquavite d'uva di Giannola e Benito Nonino, che per primi hanno distillato uva intera in alambicchi a vapore ricavandone un prodotto dalla grande ricchezza aromatica, dalla nota fruttata superiore e dal sapore estremamente complesso. Oggi sono molte le distillerie italiane che producono acquaviti d'uva, partendo soprattutto da vitigni aromatici come verduzzo, traminer, moscato,Fassbind müller thurgau, malvasia.

Come si degustano i distillati di frutta? Il bicchiere ideale è di formato piccolo, con lungo stelo e calice raccolto. La temperatura di servizio è quella dell'ambiente se l'acquavite è invecchiata, mentre è fresca - non ghiacciata - se l'acquavite è più giovane; in questo secondo caso è inoltre raccomandabile il raffreddamento del bicchiere prima del servizio. Anche quando è già versata nel calice, l'acquavite di frutta va lasciata decantare per alcuni minuti prima di assaporarla, in modo che il contatto con l'ossigeno faccia sprigionare tutte le delicate sfumature aromatiche del liquido. Per concludere, ricorderemo che i distillati di frutta hanno un largo impiego anche in cucina, per aromatizzare i dolci o per intridere alcune preparazioni a base di pan di Spagna o di pasta da babà.

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