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30 anni dalla morte di Agatha Christie
La "regina del giallo" e il cibo
di Rino Pensato

Gli anniversari non sono sempre e soltanto celebrazioni scontate e routinarie oppure il pretesto per metter su giganteschi e (per molti) remunerativi apparati e comitati d'onore.
Spesso sono davvero occasioni per eventi davvero straordinari sul piano scientifico e culturale. Il 250° della nascita di Mozart ha mostrato il meglio e il peggio di entrambe le visioni della cosa.
E, come in quel caso, anche in questo MenSA si occuperà di un solo aspetto della figura di A. C. e della sua opera. Il rapporto col cibo.
Si sa che, mentre la scrittrice di tutti i record, ha sbaragliato - e continua complessivamente - a sbaragliare la concorrenza nei favoriAgatha Christie del pubblico, ha dovuto però fare i conti con la critica, presso la quale non gode della stessa unanimità di consensi.
Qui non si entra nella questione, per ovvie ragioni di spazio e di pertinenza. Ci si limiterà a spendere due parole sul rapporto col cibo, anche qui trovando pane per i nostri denti.
Il rapporto tra l'opera della Christie e il cibo è stato indagato con grande attenzione, competenza e (nel suo caso) passione e amore da Murizio Gelatti in Il delitto è servito. I menù di Agatha Christie (Torino, Il leone verde, 2005).
Gelatti scrive, tra l'altro:

Hercule Poirot e Miss Jane Marple, pagina dopo pagina, ci accompagneranno alla scoperta di un protagonista discreto dei romanzi di Agatha Christie: il cibo. Con il fiato sospeso, fra veleni che si mischiano a bevande o pietanze, e cucine o sale da pranzo che si prestano come cornice di delitti ingegnosi, leggeremo i romanzi della più grande giallista di tutti i tempi in un continuo svelamento di relazioni reciproche tra suspense, letteratura e piaceri del palato.
Nella sua lunga esistenza la scrittrice amò intensamente la vita: le descrizioni dei viaggi, delle crociere, delle mete esotiche sono quasi sempre frutto di esperienze personali. Alla cucina, sia essa la cucina. inglese ma buona o quella francese prediletta dal belga Poirot, dedica una cura che la rivela buongustaia...
Per ovvie ragioni, la cucina inglese è la protagonista di questo libro, quasi a voler sfatare quel luogo comune che la vuole fra le meno apprezzate al mondo. La storia della gastronomia britannica ha invece un passato glorioso e l'opulenza speziata delle carni servite nel '500, i dolci e gli ortaggi di epoca vittoriana e la raffinatezza di alcune pietanze di ispirazione francese di inizio '900 ci accompagnano fino ai giorni nostri e ai piatti più tipici e famosi, conosciuti in tutto il mondo: il roast-beef, i pudding, i muffin...
La cucina di Agatha Christie, però, è una cucina di ispirazione già multietnica e come vedrete - o forse ricordate dalle vostre letture - non è difficile imbattersi in personaggi che pranzano con riso al curry o si addolciscono il palato con meringhe, simbolo principe della cucina francese.

Tutto vero, in linea di massima. Il lavoro di Gelatti ci ha decisamente stimolato a nuove e più attente riflessioni, ammettiamo che forse siamo stati troppo severi e che la presenza, l'attenzione al cibo meritano una certa rivalutazione. Ma, come prima accennato, non al punto da mutare le nostre convinzioni di fondo, espresse più volte, restie a riconoscere, al di là delle sue stesse intenzioni, nelle opere di Agata Christie, passaggi rilevanti dal punto di vista del milieu gastronomico. A differenza che in altri giallisti-gourmet (in Vázquez Montalbán, Stout, Izzo, Simenon, ma anche in Markaris, nei nostri Camilleri, Comastri Montanari, Vichi, Varesi, per esempio) nei quali il modo del rapportarsi al cibo (e non parliamo di veleni come tecnica omicida quasi sempre generico e intercambiabile) ha a che fare con il carattere più intimo e profondo del personaggio, dell'ambiente, della storia stessa, le relazioni, di cui parla Gelatti, "tra suspense, letteratura e piaceri del palato" continuano ad apparirci, in Agatha, "ornamentali", diversivi o motivi (scusate il duplice bisticcio) di divertissement.
Il delitto è servito. I menù di Agatha Christie
Troppo poco per definirla una "buongustaia", se non nell'accezione più comune del termine, quello ascrivibile appunto a un lessico generale, piuttosto che a un lessico riferibile alla storia e alla cultura della gastronomia. La conclusione si può ricavare dalle ricette selezionate dall'ottimo libro di Gelatti: da un lato dominano lo standard e il "generico" (Aringhe affumicate, Christmas Pudding, Composta di mele, Confettura di arance amare, Cotognata, Crema pasticcera, Crema di cioccolato in tazza, Crostini con pomodoro, Curry di pollo e riso, Fois gras, Lingue di gatto, Lumache alla francese, Meringhe, Muffin ai frutti di bosco, Montone brasato, Mousse al cioccolato, Pan di Spagna farcito con crema Chantilly, Pasta all'inglese…). Dall'altro il rapporto fra dolce e salato è nettamente squilibrato a favore del primo, in tutte le varianti possibili, dolci al cucchiaio, bevande, conserve, torte e crostate, biscotti, ecc.

Peraltro lo stesso Gelatti avverte che "la cucina inglese è la protagonista di questo libro" e dunque essa tende ad evocare più i caratteri dell'amabile Miss Marple.
Inoltre, mentre negli autori prima citati il cibo e la cucina o sono spesso oggetto di osservazioni e riflessioni esplicite e dirette, o, come ricordato, costituiscono elementi decisivi ai fini della caratterizzazione dei personaggi (addirittura dei loro diversi metodi di indagine, cui l'atteggiamento gastronomico frequentemente si omologa) e degli ambienti.
Non ci sentiamo di dire che ciò avvenga anche in Agatha Christie, se non in misura assai minore e quasi per forza di un'"inerzia" narrativa "da manuale di scrittura creativa" più che per spontanea e distinta convinzione dell'autrice.
A maggior ragione va riconosciuto a Gelatti (e ai coestensori delle ricette, Carla Penasso Franco, Marina Sforzini, Nini Viola), i quali sono naturalmente legittimati a pensarla diversamente, un più arduo, originale e faticoso lavoro di ricerca e ricostruzione. La Christie, pur in discordia critica, ha come giallista e come autrice mille meriti (si ricordi come lo stesso Sciascia riconoscesse in Chi ha ucciso Roger Ackroyd, anche strutturalmente, il genio anche sperimentale sul piano narrativo), letterari in sé e per la fortuna del genere giallo. A questi meriti non aggiungeremmo quello di aver contribuito, se non marginalmente, alla valorizzazione del cibo nella letteratura poliziesca.
Tutto questo non impedirà a MenSA di celebrare i 30 anni dalla sua morte, proponendo un menu "agathiano", per la cui compilazione siamo naturalmente grati a Gelatti e sodali.

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