Anniversari
Alla tavola di Monet
I suoi amici raccontano che Monet (1840-1926), pur rimanendo un raffinato buongustaio, era un'ottima forchetta. Questo prezioso ricettario di famiglia, scritto di pugno dal Maestro del colore, rappresenta una raccolta varia e giudiziosa al servizio di una cucina semplice, borghese e saporita. Vi si scoprono curiosità uniche sulle preferenze e le piccole manie culinarie di Monet: l'unico fois-gras che apprezzava era quello alsaziano, quanto ai tartufi preferiva quelli del Périgord; adoravo il pesce e soprattutto i lucci delle sue pescherie. Possedeva un orto molto curato e aveva una vera passione per le erbe e le piante aromatiche, gli ortaggi del Midi della Francia e i funghi prataioli. Per la fantasia e la bontà delle ricette questo prezioso quaderno testimonia l'autentico passato di "gran goloso" di un uomo che riusciva ad essere un grande artista anche nel vivere quotidiano.
[Dalle note di copertina]
Imperdibile:
Claire Joyces. Alla tavola di Monet. L'autentico ricettario di famiglia del maestro di Giverny. Milano, Tommasi-Datanova, 2003
Da uno dei più bei libri della bellissima collana di Tommasi-Datanova, che consigliamo in blocco agli appassionati dei ricettari d'autore o a tema, abbiamo ricavato il Menu/Monet che vi proponiamo e un breve brano della bravissima Claire Joyces.
"Si capisce subito se una casa è ricca di carattere. A Giverny, sul finire dell'Ottocento, la casa di Monet si mostrava piena di carattere fin nei minimi particolari della cucina. E lui, decisamente a proprio agio nella sua epoca, vive e dipinge nel suo tempo, incurante dei riferimenti al passato. È senz'altro troppo occupato, senza veramente saperlo, a fare la storia.
Nei suoi ricettari, insieme a qualche inconsapevole nota nostalgica, troviamo, mescolate a ricette che risalgono alla notte dei tempi, moltissime innovazioni condite di varie curiosità esotiche, diventate prelibatezze da quando le navi hanno conquistato, a viva forza, la via delle spezie. Non si sa bene che cosa pensare di un uomo a cui piaceva tanto mangiare, che della buona tavola faceva una preoccupazione costante e che tuttavia non metteva mai piede in cucina. Ah, se soltanto Monet avesse tenuto un diario! Che cosa pensava della cucina? Lui, che aveva orrore delle parole, abbondava invece di idee, ma si rifiutò sempre di filosofeggiare in merito a qualcosa di tutto sommato così naturale, così semplice come il mangiar bene. Proprio come i medici, che negano l'esistenza delle pene di cuore dato che si tratta soltanto di un muscolo, allo stesso modo, riusciamo perfettamente ad immaginare Monet, al limite tra l'aforistico e il lapalissiano, mentre decreta che solo la buona cucina merita il nome di cucina e che questa, ovviamente, serve a nutrirsi" come si deve."
Da: La cucina del dottor Freud, James Hillman - Charles Boer, Raffaello Cortina Editore, 1999 Milano.
Vai al menu:
|