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La Taverna del Santopalato
Primo, unico, vero covo gastronomico futurista
di Massimo Gatta Santopalato

A Santo Alligo

In una ipotetica, quanto affascinante, toponomastica gastronomico-culinaria del nostro Novecento, Via Vanchiglia 2 a Torino occuperebbe senz'altro un posto di primo piano. Fu in questa strada, infatti, che alla mezzanotte dell'8 marzo 1931 (e fino alle 4 del mattino), in una Torino "seriosa e paludata, alla presenza di artisti, notabili, giornalisti" (Antonella Barina), veniva inaugurato in pompa magna il primo ristorante interamente futurista d'Italia, il cui nome, Taverna Santopalato, venne partorito ovviamente dalla mente vulcanica e geniale del fondatore del movimento d'avanguardia Effe Ti Marinetti. In queste righe cercherò di rievocare la breve storia di quel capolavoro dell'architettura gastronomica futurista.

Qualche mese prima, sempre l'Effe Ti Marinetti, aveva pubblicato a Torino sulla "Gazzetta del Popolo" il testo sacro e programmatico dell'intera etica ed estetica culinaria del Futurismo, appunto il Manifesto della cucina futurista, purtroppo relegato a torto tra i manifesti minori (ma, come ha giustamente scritto Bloch, ormai lo storico trova forse più stimoli in cucina che nella sala del trono), che nel maggio del 1932 confluirà nel magmatico, esilarante e affascinante La cucina futurista scritto insieme a Fillìa, sulla cui fascetta editoriale era scritto: "Questo libro è più drammatico e più piccante di un romanzo poliziesco e di un romanzo erotico. La più grande agitazione polemica: 2000 articoli in tre mesi su tutti i giornali del mondo. Risposta ai difensori della pastasciutta, 200 formule di cucina futurista per ristoranti e quisibeve. I pranzi meno costosi e più rallegranti". Nel volume erano riportate ben 172 ricette e "polibibite" (cocktails) ideate tra gli altri dal solito Effe Ti Marinetti, Fillìa, Prampolini, Folgore, Mazza, Diulgheroff, Farfa, D'Albisola, ecc. Quasi un mese prima lo stesso Marinetti aveva annunciato l'idea estetica di una cucina futurista per il rinnovamento dell'intero sistema alimentare italiano nel corso di un banchetto-omaggio alla gastronomia futurista al ristorante milanese "Penna d'oca", diretto da Mario Tapparelli, al quale parteciparono, oltre Marinetti e il prefetto Fornaciari, anche l'editore futurista Umberto Notari, lo scrittore Leonida Rèpaci e i futuristi Fortunato Depero, Enrico Prampolini, Escodamè (Michele Leskovich) e Giovanni Gerbino (Girbino).

marinetti fillìa depero Ma dove nasce l'idea di realizzare a Torino un vero e proprio "covo" per la gastronomia futurista? In effetti Torino in quegli anni Venti viveva nell'egemonia culturale del liberale Riccardo Gualino. Sarà un giovane di Revello, in provincia di Cuneo, Luigi Colombo, che da futurista diventerà celebre come Fillìa, a voler rivitalizzare il capoluogo piemontese. Conosciuto a Torino l'Effe Ti Marinetti nel 1922 in occasione della visita di quest'ultimo all'Esposizione futurista al "Winter Club", dove su invito di Gramsci aveva accettato di guidare un gruppo di operai Fiat, Fillìa viene completamente assorbito dal fascino marinettiano diventando in pochi anni uno dei maggiori rappresentanti del secondo futurismo. Fillìa, e l'intera stagione del futurismo torinese, è il nucleo centrale di una grande retrospettiva sul movimento marinettiano organizzata a Torino nel 2004, una buona occasione per riparlare di un movimento che mancava nella città sabauda dal 1980 dopo la grande mostra curata da Enrico Crispolti.

Sarà quindi naturale per Fillìa, anni dopo, voler realizzare in questa città il primo e unico cenacolo culinario interamente dedicato alla cucina futurista e nel quale l'idea stessa di macchina e ingranaggio, cari all'immaginario dei futuristi, trovano ampia realizzazione nei particolari architettonici, estetici e letterari. Inoltre sarà lo stesso Fillìa ad affermare nel corso di un'intervista: "La prego di far rilevare anzitutto che la nostra iniziativa e la nostra attività per l'apertura del "Santopalato" ha puramente scopi artistici, ideatori e propulsori di una nostra teoria culinaria. Non si tratta perciò di una speculazione mia o di Diulgheroff. Noi daremo semplicemente alla Taverna un'impronta futurista. Ma non avremo, ripeto, nessun interessamento sul successo più o meno grande (noi speriamo grandissimo) dell'iniziativa. La Taverna sorgerà prossimamente a Torino. Verrà decorata dall'architetto Diulgheroff e da me, collo scopo preciso di passare dalla teoria alla pratica nella polemica futurista". L'idea stessa della Taverna Santopalato (con tutto il portato della cucina futurista) rivela, a leggerlo in profondità, un ideale filosofico più complesso e strutturato: l'educazione morale, come giustamente fa notare Marzio Pinottini nel suo ampio e documentato scritto e anche il tentativo di una nuova, moderna simultaneità gastronomica. Scrive ancora Fillìa: "La Taverna del Santopalato ha un proprietario e dei cuochi che la dirigeranno - io e l'architetto Diulgheroff non ne curiamo che l'inaugurazione e il primo orientamento - siamo sicuri nell'intelligenza e nella fede di modernità che animano quei cuochi. Ma se l'Accademia Gastronomica Nazionale insiste a contrastare il nostro sforzo che tende ad inventare dei piatti italianissimi (almeno quanto la pastasciutta e forse anche di più) fonderemo allora una Nuova Accademica Gastronomica Futurista alla quale aderiranno i cinquantamila artisti novatori e simpatizzanti della nuova Italia"; e ancora: "La Taverna Santopalato sarà dunque la fucina sperimentale del nostro manifesto. Diulgheroff ed io lavoriamo per metallizzare, illuminare e colorare l'ambiente, in modo cioè da creare un'atmosfera adatta ai pranzi futuristi. Ed il locale non sarà un semplice ristorante, ma diverrà un ritrovo di artisti e noi stessi organizzeremo concorsi di poesia, di pittura e di toelette futuriste". Tutto questo in linea con il grande progetto marinettiano di una ricostruzione futurista dell'universo.

Subito dopo la pubblicazione del Manifesto marinettiano i due futuristi Fillìa e Nicolay Diulgheroff (autore nel '28 del celebre marchio pubblicitario per l'Amaro Cora con la spirale rossa) presero accordi con Angelo Giachino, proprietario di un ristorante a Torino, per aprire quello che diventerà il luogo sacro destinato ad incarnare in pieno gli ideali gastronomici del futurismo, appunto la Taverna Santopalato. Il locale venne interamente ristrutturato e decorato dagli stesi Fillìa e Diulgheroff, due grandi scatole cubiche incastrate le une nelle altre e rivestite interamente, dal soffitto al pavimento, di alluminio sabbiato, con colonne luminose e alle pareti grandi occhi metallici che facevano pensare agli oblò delle navi. Le portate furono ben 14 ideate da Fillìa e Paolo Alcide Saladin in collaborazione coi cuochi Ernesto Piccinelli e Celeste Burdese. Le riporto integralmente:

Lista del Primo Pranzo Futurista

Antipasto intuitivo
Aerovivanda - tattile, con rumori ed odori (ideata da Fillìa)
Brodo solare (ideato da Piccinelli Ernesto)
Tuttoriso - con vino e birra (ideato da Fillìa)
Carneplastico (ideato da Fillìa)
Ultravirile (ideato da P.A. Saladin)
Paesaggio alimentare (ideato da Angelo Giachino)
Mare d'Italia (ideato da Fillìa)
Insalata mediterranea (ideata da Burdese Celeste)
Pollofiat (ideato da Diulgheroff)
Equatore + Polo Nord (ideato da E. Prampolini)
Dolcelastico (ideato da Fillìa)
Reticolati del cielo (ideato da Mino Rosso)
Frutti d'Italia (composizione simultanea)

Vini Costa, Birra Metzger, Spumanti Cora, Amaro Cora,
Caffè Miscela Sublime, Profumi Dory

Tutti i piatti sono eseguiti con la tecnica futurista dei cuochi del Santopalato: Piccinelli Ernesto - Burdese Celeste


Anche gli straordinari menù (30) furono all'altezza dell'estetica e dell'arte futurista, realizzati a mano da alcuni dei maggiori artisti del movimento marinettiano, Depero, Fillìa, Ugo Pozzo, Prampolini, Balla, Oriani fino a Medardo Rosso. All'inaugurazione erano presenti anche non futuristi come i pittori Felice Casorati, Michele Guerrisi e Felice Vellan, lo scultore Alloati ed il critico d'arte della "Gazzetta del Popolo" Emilio Zanzi.

menu del Santopalato
menu del Santopalato
menu del Santopalato

L'intera prassi culinario-degustativa dei pranzi futuristi, compreso ovviamente questo al Santopalato, prevedeva il coinvolgimento generale di tutti i sensi con il relativo utilizzo di profumi ("Intanto il riso all'acqua di Colonia o il brodo alla violetta saranno di gran belle cose, ma con tutti quei profumi pareva di pranzare nei gabinetti di toletta"), musiche e azioni tattili delle dita che, oltre che prelevare direttamente il cibo senza l'utilizzo distraente delle posate, dovevano passare alternativamente sopra a diverse tipologie di materiali come stoffe (damasco e velluto) e carta vetrata: "Sotto la direzione di Fillìa si sta preparando una lista molto varia delle nuove combinazioni di alimenti. Uniti a questi, avranno un'importanza non indifferente i profumi, le sorprese e quanto altro serve, secondo i futuristi, a intensificare e a rallegrare il gusto di un pranzo".

Una delle ricette più controverse, e che destò il maggiore scalpore, fu il celebre Carneplastico ideato dallo stesso Fillìa, una interpretazione sintetica dei paesaggi italiani, composto da una grande polpetta cilindrica di carne di vitello arrostita e ripiena di undici qualità diverse di verdure cotte. Questo cilindro veniva poi disposto verticalmente nel centro del piatto e incoronato da uno spessore di miele, quindi sostenuto alla base da un anello di salsiccia che poggiava su tre sfere di carne di pollo: "Racchiude simultaneamente i valori degli orti (11 verdure), dei giardini (miele) e dei pascoli (tre tipi di carne) d'Italia. Deve dare nello stesso momento il sapore di tutta la produzione italiana. Inoltre, presentato verticale, reagisce al vecchio tipo di piatto nazionale "la pastasciutta", di aspetto pauroso, debole, antivirile e privo di ogni senso artistico". Da una cronaca giornalistica dell'epoca: "Qualcuno all'arrivo del Carneplastico insorge: ma questa è salsiccia!! C'era anche ai tempi di Carlo Codega… Però Marinetti interviene fulmineo: La salsiccia c'era. Ma è l'attuale applicazione che conta. Prima era usata male"; anche Clara Grifoni, pur dichiarandosi amica dei futuristi, scrisse di quella serata in maniera assai critica: "Stasera ho subito il terzo lavaggio gastrico; sembra però che i cuscinetti a sfere del Pollofiat non vogliano assolutamente lasciare i miei intestini […]".


In occasione dell'inaugurazione venne realizzata anche l'ormai rarissima pubblicazione Taverna Futurista Santopalato, Via Vanchiglia 2 - Torino. Inaugurata da S.E. Marinetti. Decorata da Diulgheroff e Fillìa. Realizzazione della cucina Futurista italiana. Ambienti di artisti novatori. Proprietari: Giachino e Bosio.
Com'era facilmente prevedibile (e forse previsto dagli stessi futuristi) la Taverna Santopalato, dopo pochi anni, chiuse i battenti a causa delle grandi difficoltà economiche. Ciò non toglie che la sua realizzazione rappresenti ancora oggi uno dei più splendenti e ironici esempi della poetica futurista del Gesamtkunstwerk, l'opera d'arte totale coinvolgente ogni aspetto della realtà e della creatività.

Alla luce di quanto ricordato fanno forse sorridere i recenti ingenui tentativi di voler ricreare l'aura di quei primi, assolutamente moderni, banchetti futuristi. Ad esempio la Fondazione Palazzo Bricherasio di Torino, in occasione di una grande mostra dedicata a Depero, organizzò qualche anno fa una cena futurista nel ristorante Lacerba di Milano, alla quale parteciparono, tra gli altri, Gillo Dorfles (grande navigatore dei mari di varie avanguardie) e Maurizio Scudiero (tra i massimi futurismologi). Anche all'Opera Ghiotta di Mantova si è di recente svolta una "cenafuturistapassatista", simpaticamente ricordata da Carlo Petrini, il quale non ha mancato di rilevare come il Manifesto della cucina futurista fosse in antitesi con alcuni intenti di Slow Food, proprio là dove si batteva per l'abolizione della pastasciutta, uno dei cavalli di battaglia dell'Effe Ti Marinetti di rifondare l'intera etica ed estetica gastronomica italiana.








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