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L'omaggio di Cultura Gastronomica Italiana
I viaggi nel cibo e nel vino di Mario Soldati
A cura di Adele Blando

Per gentile concessione di Cultura Gastronomica Italiana (www.culturagastronomicaitaliana.it) riportiamo qui l'eccellente saggio curato da Adele blando su uno dei più bei libri di gastronomia "letteraria" nella storia della nostra editoria.

È uscita per DeriveApprodi un'antologia di scritti dell'artista dedicati all'enogastronomia

A cento anni dalla nascita di Mario Soldati, Silverio Novelli cura per DeriveApprodi un'antologia di suoi scritti su cibo, vino, olio e acqua, "Da leccarsi i baffi: memorabili viaggi in Italia alla scoperta del cibo e del vino genuino", (Roma 2005, 291 p., € 15,00). Mario Soldati è stato scrittore e artista estremamente eclettico: romanziere, novelliere, poeta, diarista, memorialista; autore di reportage ed elzevirista per giornali, riviste e guide enogastronomiche; autore teatrale; critico d'arte; critico cinematografico, regista (più di trenta film dal 1938 al 1959), sceneggiatore, attore, autore e protagonista di inchieste televisive.

Da leccarsi i baffi Tra le varie anime di Soldati, Novelli ha scelto quella di gourmet che il curatore identifica con il terzo Soldati, grande e affabile conversatore, seguendo l'analisi della produzione dell'artista torinese fatta dal critico Cesare Garboli. Il primo Soldati è quello dei romanzi, nei quali gli inqueti personaggi - vittime della propria coazione a ripetere errori rovinosi - trascrivono in forma molto mediata il vero io dello scrittore; il secondo Soldati è esplicitamente autobiografico, meno complicato, oscuro e tenebroso, gioioso invece di vivere (in "America primo amore", "Fuga in Italia", "L'avventura in Valtellina"); il terzo Soldati infine è quello capace di mettersi al centro di brevi racconti o note di viaggio, leggero ma sempre arguto nel descrivere la miriade di personaggi, noti o ignoti, nobili o contadini, industriali o operai che incontra nel suo andare nel mondo. Gli scritti selezionati con cura da Silverio Novelli sono tratti, per la maggior parte, da "Vino al vino" e dai due taccuini diaristici "Un prato di papaveri" e "Lo specchio inclinato", con qualche selezione tratta da testi narrativi, coerenti per contenuto al tema del volume; nell'insieme coprono un arco di tempo che va dalla metà degli anni '50 alla fine dei '70, con uno scritto del 1935 e due degli anni '80.

Soldati ha scritto molto di vino e cibo: oltre ai tanti riferimenti gastronomici che punteggiano la sua narrativa e usati per caratterizzare i personaggi, si possono citare numerosi suoi interventi sull'enogastronomia, dagli scritti con Veronelli alla serie televisiva di "Viaggio nella Valle del Po alla ricerca dei vini genuini" (1955-56). La ricerca di cibo e vino genuino è la preoccupazione principale che traspare dalle pagine di "Da leccarsi i baffi".

Spettatore consapevole dell'affermazione del neocapitalismo, della modernità urbana e consumistica del secondo Novecento che tutto appiattisce, Soldati ricorda di aver "risposto a un disperato ricercatore di cibi genuini" di non perder la speranza: "se lui soltanto si fosse dato la pena di lasciare l'asfalto e di inoltrarsi qualche chilometro per le strade secondarie, di breccia o di terra battuta." E ancora "a chi ricerca aspetti antichi, e non guasti, delle nostre città e del nostro paesaggio, - continua Soldati - il tragitto è ancora più breve: basta allontanarsi poche centinaia di metri dalle vie del traffico grande o piccolo, e dell'industria piccola o grande. … Sono mondi trasognati, dimenticati, intatti, riserve di pace e di bellezza, vicino a cui passiamo migliaia di volte senza accorgercene, in mezzo a cui viviamo senza pensarci." Soldati racconta con leggerezza, poesia i suoi incontri con le persone, con il cibo e con il vino. Gira per le città e i paesi con occhio attento, disposto a cogliere i più piccoli dettagli del mondo che lo circonda, soprattutto del mondo che sente destinato a scomparire. Usa parole evocative per descrivere le sensazioni che prova assaggiando cibo e vino. Si legga per esempio la bella pagina dedicata alla "fainà", la schiacciata di ceci di Genova. Arrivato di fronte ad un forno dove sta uscendo una colossale teglia rotonda di fainà, annota: "Una quindicina di persone, uomini, donne e bambini, è lì che attende. La padrona, con un grosso coltello, ritaglia con incredibile prestezza triangoli e trangoli della sottilissima focaccia, li depone su fogli di carta oleata, li piega, li consegna, prende i soldi, dà il resto. Quasi tutti prendono la loro cartata, e se ne vanno: si vede che abitano lì vicino, e che quella è la loro cena, o, almeno il primo piatto della loro cena. … Saper descrivere il suo sapore! Granoso, morbido, vellutato; appena dolce, appena salto; caldo, croccante, appetitoso! E' un cibo che i competenti chiamano "umile", e forse disprezzano; perché costa poco. Ma se, improvvisamente i ceci diventassero rari, bisognerebbe convenire che la fainà e più raffinata della fonduta o di una mousse de jambon ".

E ancora più sognante, poetica, analogica è la descrizione delle forti sensazioni gustative che gli procura la pagliata, piatto tradizionale della cucina romana. Dopo aver dato indicazioni tecniche su come prepararla, scrive: "se freschissima, è tenera, croccante, profumata: un piatto prelibato, una delicatezza, o, per dirla con Apicio, una polytéleia, una sontuosità, un lusso. Chiudo gli occhi mentre assaporo, e penso al mio vecchio maestro Ettore Stampini, alle lezioni su Persio, al calidum sumen, mammella di scrofa ripiena del suo latte. Riapro gli occhi: ciò che vedo, il colore rosso delle mura, questo scenario di pietra e di mattoni, si accorda perfettamente con ciò che assaporo: qualcosa di fermentato, di forte, di bruciante e tuttavia piacevolissimo: come una eccitante eppure ferma familiarità con le potenze infernali della corruzione e del fermento, della morte e della vita, un sorriso pio verso ogni male, anche il proprio. Gli Dei …"

Il cibo genuino va ormai cercato, sottolinea Soldati, ed uno dei luoghi dove è dispensato con generosità e semplicità è l'osteria dal menù povero, ma fatto con ingredienti freschi, - le uova del pollaio o l'insalatina appena colta nell'orto vicino - e con la cura di una cucina di casa. Dove bisogna accontentarsi perché, come scrive Soldati, "sappiamo, per lunga esperienza, che solo dove "ci si contenta" il cibo è davvero genuino".


L'osteria appare anche simbolo di un mondo che sta scomparendo; collocata per lo più ai margini delle città, nelle periferie o nei paesi, mantiene a volte, con l'annesso campo di bocce, un ruolo di aggregazione. Una grande emozione traspare in Soldati quando giunge in una baracca - osteria a Genova dove si trova un campo di bocce. "Sembra un sogno. - commenta lo scrittore - Perché questi sono gli ultimi campi di bocce frequentabili. Ultimi e rarissimi. A Milano, Torino, Roma sono ormai scomparsi. Il libero campo di bocce, dove ci si sfida magari senza conoscersi e senza mai essersi visti fino a un momento prima, e poi ci si lascia quando annotta, diventati, in quelle poche ore, amici o nemici per tutto il resto della vita, è questo, annesso a una libera osteria: e non è nessuno dei proliferati circoli aziendali, tristissima patetica evasione dalla tirannia della vita industriale." Genova, moderna, conserva tutto, quello che farebbe meglio a buttar via, ma anche inconsapevolmente il bello e il buono, come appunto le osterie.
Soldati appare critico nei confronti della modernità, ma non conservatore; esalta tutti i personaggi, le storie che dimostrano un intelligente connubio tra tradizione e conservazione. "Il centro rinnova e la periferia conserva" - scrive -, lì si preservano dall'oblio le cose buone che il passato tramanda. In diverse occasioni lo scrittore si interroga sulla convenienza nel contraffare i vini genuini, nel dare bollini DOP e DOCG, "inevitabile fonte di equivoco e di corruzione, e che non garantiscono niente". La convenienza, nota, è alla fine solo economica, su tutto prende il sopravvento la legge dei "sùbiti guadagni". Le sue critiche, il ricordo commosso, ammirato - non nostalgico - di personaggi legati al passato migliore, amanti della terra e rispettosi di essa, l'esaltazione della bontà dei cibi e dei vini genuini fanno di Soldati un anticipatore delle lotte contemporanee per l'autocertificazione dei prodotti alimentari e per la valorizzazione dei piccoli e medi produttori, garanti della genuinità. Soldati sembra così molto vicino alle idee sostenute oggi da Critical wine, movimento sensibile ai problemi della terra, sollecitato dall'amico Luigi Veronelli. Mario Soldati viaggia alla ricerca del vino perduto da "dilettante", non è un "professionista dell'assaggio", ma uno che si avvicina al vino con religioso rispetto. Tanto da dire che, in certi casi, non può "essere considerato e studiato come oggetto di consumo, ma come un'opera d'arte a sé." Opera degli uomini che lo producono con amore, a volte lo inventano proprio come è accaduto per il Brunello di Bruno Biondi Santi.

E se il vino è un'opera d'arte, allora bisogna usare metodi di analisi adatti e in questo senso è molto illuminante la sua idea di mutuare dagli strumenti della critica letteraria, i modi migliori per degustare, conoscere e descrivere i vini. "Il vino è come la poesia, che si gusta al meglio, e che si capisce davvero, soltanto quando si studia la vita, le altre opere, il carattere del poeta, quando si entra in confidenza con l'ambiente dove è nato, con la sua educazione, con il suo mondo. La nobiltà del vino è proprio questa: che non è mai un oggetto staccato e astratto, che possa essere giudicato bevendo un bicchiere, o due o tre, di una bottiglia che viene da un luogo dove non siamo stati. Che cosa ci dice l'odorato, e il palato, quando sorseggiamo un vino prodotto in un luogo, in un paesaggio che non abbiamo mai visto, da una terra in cui non abbiamo mai affondato il piede, e da gente che non abbiamo mai guardato negli occhi, e alla quale non abbiamo mai stretto la mano? Poco, molto poco. … Il piacere enologico è molto più raffinato e complicato di quanto paia. … Bisogna sopperire alla mancanza (di bibliografia specifica, ndr) in qualche modo: e, prima di tutto, viaggiando, visitando i luoghi, parlando con i produttori e con i commericanti, leggendo, in seguito, tutto quanto, anche lontanamente, abbia rapporto con il vino che vogliamo "capire". E che cosa mai non può avere rapporto con un vino? Innumerevoli le conoscenze che il critico enologico dovrebbe possedere: geologiche, geografiche metereologiche, storiche, letterarie, chimiche, meccaniche…" Considerando la proliferazione delle guide sui vini, l'idea che ha Soldati del serio critico enologo sembra un po' utopistica e lontana dalla realtà. Profondo, quindi, e indissolubile è il rapporto tra il vino e il suo produttore. Così di fronte a Luigi Oddero, produttore eccelso di Barbaresco, Soldati non può fare a meno di notare con ammirazione il perfetto legame che li unisce: "Come tra le sublimi Alpi e l'umiltà delle vigne, così tra l'armonioso vigore del vino e l'ottocentesca vitalità borghese dell'individuo: un rapporto di perfezione." L'antologia di scritti soldatiani, come nota Silverio Novelli nella sua curata postfazione, risulterà un prezioso strumento di conoscenza per tutti gli enospecialisti o gli appassionati bevitori di oggi: vi troveranno infatti racconti, giudizi dedicati ad etichette notissime, note o addirittura sconosciute, come in un eccezionale archivio storico, pieno di documenti scritti con forza, passione e curiosità.

www.derivapprodi.org

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