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Il piacere del caffè
Cosa c'è nella tazzina?
di Gastrophilus

Il caffe' e' un piacere, ma se non e' buono che piacere e'? Recitava cosi' un famoso spot, ma per l'alta ristorazione e' lo scenario è ancora molto nebuloso. Massima attenzione nella presentazione dei piatti e nella scelta dei vini, ma ancora indietro la cultura su una delle bevande simbolo dell'Italia. Solo 2 grandi ristoranti su 10 affidano la preparazione ad una persona specifica, e alla domanda se la miscela e' un'arabica mono-origine, ben 6 su 10 non sa cosa rispondere. Non solo: difficilmente sono in grado di fornire informazioni piu' specifiche sulla provenienza geografica o sul cru. Insomma il ristoratore non e' quasi mai un esperto o un conoscitore di caffe', anche se ci sono ristoranti che ne offrono ormai anche 10 diversi tipi e per il 67% la qualita' della miscela e il gusto (35%) sono il criterio base nella scelta. E la patria del miglior caffe'? A sorpresa non sono i ristoranti dove la tazuriella'e caffe' e' un rito, ovvero quelli del Sud, ma quelli delle regioni del centro, soprattutto Lazio e Toscana.
E' quanto emerge dallo studio di Eta Meta Research per Bargiornale, il mensile piu' accreditato nel mondo dei consumi away from home, diretto da Antonio Mungai. Lo studio e' stato condotto su 142 ristoranti, selezionati tra quelli presenti su almeno due delle piu' importanti guide del settore (Michelin, Gambero Rosso, Veronelli, Espresso e Piccinardi). Sono infatti i "Guide Restaurant" a rappresentare il campione delle ricerche che appariranno sulle pagine di Bargiornale, ovvero i ristoranti che dettano le regole in tema di nuove mode e delle tendenze piu' innovative.

La carta dei caffe'? Ce l'ha solo 1 ristorante su 10: ancora "un grande escluso" dall'alta ristorazione, e a sorpresa la vera patria del caffe' diventano Lazio e Toscana.
Menu', carte dei vini, delle acque, dei dolci, dei distillati: nell'alta ristorazione si moltiplicano le possibilita' di scelta date alla clientela che si vede portare al tavolo un'infinita scelta in termini di menu'. Ma alcuni degli elementi fondamentali del gusto italiano ancora non sembrano aver acquistato piena dignita', nemmeno nei Guide Restaurants. Il 91 %, infatti, non ha una carta del caffe' e anche quell'9% che dice di utilizzare una carta diversa dal normale menu' spesso (33,3%) mette in un'unica lista tutte le bevande (caffe' compreso). Insomma sembra che per una delle bevande simbolo dell'italian life style ancora ci sia poca considerazione tra i grandi chef. A sorpresa questo vale anche al sud, dove la "tazuriella'e caffe'" e' da sempre considerato un rito irrinunciabile. Piu' attenti sono infatti i grandi ristoranti del centro Italia (soprattutto in Lazio e in Toscana). Questo non vuol dire che al cliente non venga data la possibilita' di scelta: i grandi ristoranti, in media, propongono tra i 4 e gli 8 tipi di miscele diverse come coronamento della perfetta cena (in entrambi i casi il 16,7% dei ristoranti interpellati). C'e' anche chi arriva a mettere in lista 10 diverse miscele o tipi di caffe' (circa l'8%), in questo caso e' la Sicilia a dimostrarsi piu' attenta al palato della clientela, anche se in generale la maggior offerta in termini di varieta' spetta ancora alla Toscana (il 66% dei ristoranti di fascia alta ne offre almeno 4 tipi diversi) e al Lazio (un grande ristorante su tre arriva a proporne 8 varieta').

Ad un'offerta cosi' ricca non corrisponde pero' un altrettanto approfondita "cultura del caffe'": se nei grandi ristoranti ci si aspetta di essere consigliati sui perfetti abbinamenti tra vino e cibo o addirittura su acqua e vino, non si devono avere le medesime aspettative in merito al caffe'.
Le informazioni che sono in grado di dare alla clientela sono abbastanza ridotte: nei menu', quando e' indicato qualcosa sul caffe', le informazioni si limitano al tipo di miscela (83,3%), o, al massimo ne vengono descritte le caratteristiche qualitative (50%), cosi' come solo la meta' scrive la provenienza geografica del o dei caffe' proposto. In questo caso i piu' attenti e ricchi di informazioni sembrano essere i grandi ristoranti del Lazio: la quasi totalita' inserisce nel menu' informazioni sul tipo di miscela e la provenienza geografica. Il 33% aggiunge anche le caratteristiche qualitative.
Per scegliere il caffe' da proporre alla fine di una perfetta cena si affidano al loro gusto, spesso senza sapere che tipo di caffe' stanno offrendo.

Indice di una sostanziale carenza di cultura sull'argomento anche il criterio di scelta del caffe' da proporre alla propria clientela che guida i ristoratori. Il fattore "costo" e' tenuto in considerazione dal 6% degli intervistati per Bargiornale. Al primo posto la qualita' della miscela (67%), seguita dal gusto, ovvero il 35% si affida alle proprie papille gustative e all'olfatto. Importante pero' anche la fiducia nel marchio (23%). Pochissimo in realta' conta il luogo di provenienza del caffe' (1%), mentre e' piu' importante la vicinanza del distributore (5%). E a prescindere dai servizi che il fornitore propone pur di essere scelto dal ristoratore, a contare sono le caratteristiche di prodotto (in media 78%). Molto interesse pero' per corsi di formazione per imparare a conoscere meglio il caffe', migliorando cosi' l'offerta per la propria clientela finale (10%), segno che si sta iniziando a fare strada l'esigenza di offrire un servizio al top.
Malgrado questo desiderio di migliorare un'ulteriore riprova della marginalita' del caffe' e' data dalla poca conoscenza del contenuto delle tazzine. Ben il 64,3% non sa se la miscela piu' utilizzata nel proprio ristorante e' un'arabica mono-origine (in questo caso sono gli intervistati del Nord Est ad essere un po' piu' preparati: solo il 54,5 non lo sa). Allo stesso modo se si chiede se la miscela utilizzata e' un cru, a non saperlo e' il 66%. Un po' come se oltre sei sommelier su 10 non sapessero la provenienza o le caratteristiche dei vini che propongono.
Guai se ad aprire il vino non e' il sommelier, ma il caffe' puo' prepararlo chiunque. E se il caffe' mantiene il primato nelle richieste, cresce al domanda di orzo e tisane.

Il sommelier domina sulla cantina, solo a lui e' concesso di scegliere, consigliare e aprire il vino per i clienti. Cosa che assolutamente non vale per il caffe': nella grande maggioranza dei casi (78%) non c'e' una singola persona deputata a prepararlo, e' una mansione che puo' essere svolta un po' da tutti. Quando invece il compito viene affidato ad una persona specifica (22%) per la scelta della quale ci si basa sull'esperienza (74%), o ci si affida ad uno o ad un altro per una semplice questione di "mano", ovvero di abilita' innata (7%). E per quanto riguarda le macchine da caffe'? A dominare sono quelle automatiche o semi automatiche (46%) e quelle manuali tradizionali (41%). Iniziano a vedersi anche quelle con sistema a cialde (13%), mentre ancor pochissime quelle a capsule (1%). C'e' pero' il 5% che utilizza la moka o la napoletana, cosa che contrariamente a quanto si possa pensare non accade nei ristoranti al Sud, ma nel Nord Est.

Ma il caffe', se pure rimane un vero simbolo, non e' la sola bevanda che viene offerta a chiusura di un pasto. Ben l'89% di tutti i ristoranti che hanno partecipato alla ricerca hanno nei loro menu' l'orzo, seguito da tisane e infusi (71%) e dal the' (66%). Una risposta alle sempre piu' articolate richieste della clientela: il 45% lo vuole decaffeinato, il 20 lo richiede macchiato mentre il 11% lo vuole lungo, tipo americano. Solo il 4% degli intervistati ha risposto che viene richiesto loro il caffe' corretto, o il cappuccino (4%). E in alternativa al caffe'? Ben il 69% si vede richiedere l'orzo, ma in crescita anche la domanda di tisane e infusi e di the' (rispettivamente il 25% e il 16%).

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