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La salsa, i semi, le pellecchie...
Troisi, scusate il ritardo
di Rino Pensato

Massimo Troisi. Il 10° anniversario della morte cadeva nel 2004. Non lo avevamo affatto dimenticato. Massimo TroisiChi conosce MenSA e soprattutto chi conosce la sua (seminascosta) matrice meridionale e la sua attrazione magnetica nei confronti della cultura napoletana si sarà meravigliato del nostro silenzio, nel 2004, nei confronti del terzo grande protagonista dello spettacolo (comico? Mah!) partenopeo del '900, con (dopo o con, non fa molta differenza), con Eduardo e Totò. Non sappiamo spiegarvi perché abbiamo aspettato due anni. Rimozione di un lutto quasi familiare. La difficoltà di farsene una ragione, per troppo amore. Chissà cos'altro. Non importa, diremo, come lui, scusate il ritardo.
Il ritardo con cui ricordiamo che anche in Troisi, come nei suoi due grandi "padri" teatrali, il cibo abbia costituito un elemento, forse meno evidente, ma non meno integrante, della sua poetica e della sua produzione. Vorremmo, come sempre, offrirvi un serio, documentato e puntuale riscontro saggistico di quanto affermiamo. Forse un giorno ci torneremo su in questi termini. Ma sapete anche che MenSA non ha dietro risorse (finanziarie, umane, di tempo) per svolgere come vorrebbe il suo lavoro, volontario e gratuito. Così vi dovrete accontentare di brevi riferimenti, quasi a memoria, riguardo a un fenomeno con pochi uguali nella storia più recente del nostro spettacolo. Un ventennio circa (e non intensissimo per continuità) ha impiegato Troisi, dai primi anni di Non stop e de La smorfia allo struggente commiato de Il postino, per conquistarsi un posto tra i grandi.
Per tornare alla missione di MenSA ("culture e piaceri della tavola"), tra i riferimenti gastronomici dell'opera di Troisi, ce ne vengono in mente due, di natura affatto diversa tra loro.

da Scusate il ritardo Da Scusate il ritardo, appunto, e da Che ora è, di Ettore Scola, uno dei tre film che hanno visto insieme all'opera tre "fenomeni" come il nostro amato Massimo, l'altrettanto indimenticabile Marcello Mastroianni e un autentico maestro di cinema come il regista romano.
Una delle perle, fra le tante (insuperabile, forse, il dialogo fra Troisi e i sacerdote sul rapporto tra i miracoli, il pianto e il riso) di Scusate il ritardo è il trio, da grande Opera buffa, alla stazione ferroviaria, fra Vincenzo (Trosi), Tonino (un Lello Arena forse insuperatosi) e la bravissima (e bellissima) Anna (Giuliana De Sio).
Tonino individua, tra le difficoltà a ricominciare un rapporto con un'altra donna, i tre anni che dovrà di nuovo impiegare (tanti glie ne sono occorsi nella trascorsa esperienza) per giungere a un compromesso, con la sua partner, sulla sua idiosincrasia per la salsa con i semi e le pellecchie. E fra i tre si avvia una conversazione irresistibilmente surreale (c'è molto Totò nella sequenza) che riportiamo in parte:

Tonino:
Per esempio io con lei all'inizio mi pareva brutto di dirle che non mi piaceva la salsa con i semi e le pellecchie e me la mangiavo. Poi in 3 anni, uno parla, si capisce, poi comunica, all'inizio le scartavo proprio perchè proprio non mi piacevano. Però poi uno parla e ci siamo trovati d'accordo. Però ci ho messo 3 anni per farle capire che non mi piacevano. Mo' piglio, mi metto con un'altra e ricomincio tutto daccapo. Io non ce la faccio.

Vincenzo:
[…] Tonì, senza perdere cchiù tiempo, 3 anni, 2 anni, mo' vidi a una, trovi a una, una ca suppergiù pensi che ti può piacere, cioè una ca ti piace, appena t'a presentano: piacere Tonino, non mi piace la salsa con i semi e le pellecchie.

Anna:
[…] Sono discorsi che funzionano se vai dal salumiere e gli dici: buongiorno, datemi la mortadella. Non ce l'ho. Oh, va beh, allora non fa niente, allora vado da un altro che ma la da'. Che c'entra questo, tanto mica sei innamorato del salumiere tu.

Vincenzo:
E' chiaro. Che m'innamoro del salumiere? Anna sto facendo un esempio pe ll'aiutà, tu te ne vieni col salumiere…

In Che ora è, Scola decide di puntare sulla faccia più ritrosa di Troisi, un giovane-vecchio, privo di ambizioni e di grandi aspettative, che il padre, un vecchio-giovane (e ricco) Mastroianni, vuole spingere, a forza di super regali (una casa in centro di Roma, una Lancia Thema turbo 16 valvole, il vecchio orologio del nonno ferroviere, il più gradito dal figlio), verso una vita al di sopra delle aspettative, tranquille e modeste, del figlio.
Il contrasto - che è generazionale, ma anche culturale e caratteriale - tra padre e figlio, si evidenzia anche a tavola, dove il diverso approccio al pranzo è perfettamente funzionale all'approfondimento dei caratteri.
In principio Mastroianni vuole portare Troisi a mangiare da "Armando" a Porta Santo Stefano, un rinomato ristorante di pesce, esaltandone un piatto "pirotecnico", la legumata (vai alla ricetta). Di fronte alle perplessità del figlio, rimette a lui la scelta. Ma, di fronte alla minimalistica (e non esaltante) proposta di Troisi (Il ristorante della stazione), il buongustaio Mastroianni si rifiuta e "ripiega" su una "Taverna del gobbo", dove si mangia del buon pesce, appetitoso e ben presentato.

Mastroianni pesca abbondantemente dalle otto minifiamminghe degli antipasti. Il bottino di un indifferente Troisi è… un'oliva all'ascolana. E, per accentuare il contrasto, il "botto" finale dell'inserto gastronomico è il "doveroso" (essenziale per Scola e ormai "atteso" dal pubblico) rimbrotto di Troisi al padre, che, per far accettare al suo stomaco la dose variegata di pillole dell'ora di pranzo, ricorre a un bicchierino di amaro: "Papà, le pillole si prendono co l'acqua!"
Anche noi, purtroppo, nel (lontano, vicino) 1994 la pillola, atroce, che annunciava l'addio di Troisi, riuscimmo a mandarla giù solo accompagnata da tanto, tanto liquido amaro e anche salato, e a versarlo non erano le mani di Mastroianni né le nostre, ma altre parti del corpo e dell'anima.

da Che ora è?


La ricetta di Che ora è?

Legumata

Non vi spaventate, non è il sacchetto preconfezionato, prodotto da diverse aziende, tutt'altro che spregevole, ma una ricetta, di cui non abbiamo trovato riscontri documentari. Mastroianni la descrive pressappoco così:

E' una zuppa di pasta coi fagioli, ceci, piselli, lenticchie, fave e tutti i legumi che puoi trovare, ricoperta di cozze. Non l'abbiamo provata, ma è un rischio che si può correre con sufficiente fiducia. Noi la prepareremmo alla maniera dei Cavatelli con cozze e fagioli alla foggiana (specialità del ristorante Pompeo (vicolo Al Piano, 14), da provare, accanto al Teatro Comunale "U: Giordano", Foggia), ma con gli ingredienti suggeriti da Mastroianni. E non ci berremmo sopra un Prosecco, sia pure di ottima qualità, come quello di cui si intravede l'etichetta nel film, ma un franco Torre Quarto - Hirondelle IGT 2004 (Cerignola, FOGGIA).


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