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L'Oro Rosso di Sardegna
Zaafaran
di Gianni De Silva

Percorrendo la statale che da Oristano corre verso Cagliari, a metà del percorso, svoltando a destra, si incontra, in una bella zona verdeggiante, San Gavino Monreale. Zafferano Il panorama è incantevole e ricco di colore. E' un paese di 9300 anime, un paese come ce ne sono tanti, con la piazza centrale, la chiesa, lo svettante campanile, ma la cosa che colpisce è il profumo che si sente nell'aria, un profumo afrodisiaco, inebriante: è il profumo dello zafferano. San Gavino Monreale, che agli inizi di novembre durante la fioritura si presenta nella sua veste più incantevole fra sfumature di ogni colore, è il maggior centro di produzione di zafferano in Sardegna, dove sono destinati a questa coltivazione 20 Ha contro i 35 circa coltivati in tutta l'isola.

Il fiore dello zafferano è alto una decina di centimetri, di un bel colore delicato con una corolla di petali fra il lilla e il bluette che mette particolarmente in evidenza gli stimmi rossi. La raccolta dello zafferano avviene nella prima quindicina di novembre e, per l'occasione il paese è in festa.
La sua coltivazione è sostenuta interamente con tecniche biologiche. I fiori sono raccolti presto la mattina e lavorati manualmente in giornata. Nel pomeriggio gli esperti, seduti intorno ad tavolo, mondano i fiori separando gli stimmi dai petali e dalle antere. Lo zafferano si ottiene dalla essiccazione al sole degli stimmi, precedentemente trattati con una piccola quantità di olio extra vergine di oliva (feidatura). Da un chilo di stimmi freschi si estraggono 200 grammi di zafferano secco.
Lo zafferano, che arricchisce di sapore qualunque piatto e fa godere l'occhio per il suo bel colore giallo dorato, può essere usato in fili, come sono al naturale, o in polvere. Per frantumarlo si avvolgono gli stimmi all'interno di carta oleata per alimenti, vi si passa sopra un ferro da stiro, quindi si procede alla polverizzazione esercitando con un cucchiaio una blanda pressione sull'involucro. Una lavorazione manuale così accurata spiega perché lo zafferano ha un alto costo, tale da venir chiamato l'Oro Rosso di Sardegna.


Zafferano

Ora un breve cenno storico. Il suo nome latino è "Crocus sativus". E' una pianta antichissima conosciuta da millenni nelle zone del Mediterraneo ed in Asia. A documentazione di questo ecco il "Crocus sativus" che orna alcuni vasi cretesi del XVI secolo a.C., che fa bella mostra di sè sulle pitture parietali del palazzo minoico a Cnosso e sulle raffigurazioni dei papiri egizi. Lo zafferano, come pianta aromatica, è citato anche nella Bibbia e nell'Iliade. Con la caduta dell'impero romano e il declino del lusso che aveva caratterizzato per secoli l'età imperiale, dove lo zafferano veniva usato con dovizia per essenze, bagni profumati e spezie, la coltivazione dello stesso in Sardegna andò quasi perduta. Continuò però ad affermarsi in oriente. Nel 961, attraverso l'Africa settentrionale, gli Arabi ridiffusero in Spagna e in molte zone dell'Europa mediterranea questa coltura. La parola araba zaafaran deriva da asfar che significa giallo. La coltivazione dello zafferano in Sardegna si dà per certa tra il VI e il IX secolo d.C. in ragione del largo consumo che ne facevano i monaci basiliani per motivi liturgici. Veniva pure usato come colorante tessile. Il regolamento pisano del porto di Cagliari datato 1317 è il primo documento che attesta la coltivazione e l'esportazione di questo prodotto. Verso la fine del secolo scorso, San Gavino Monreale ne ha ampliato la coltivazione portandola ad un buon livello di crescita, che l'attuale organizzazione socio-produttiva continua a consolidare.
Il "risotto alla milanese" è il classico risotto giallo. Esistono molte discussioni sul modo esatto di prepararlo: le ricette più antiche prevedono l'aggiunta di midollo di bue, altre di grasso di arrosto di manzo. Si contestano i minuti di tostatura del riso, l'aggiunta o meno del vino, ma nessuno mette in discussione l'uso dello zafferano. Abbondante, in polvere o in pistilli, aggiunto verso la fine della cottura del riso per meglio assaporarne il profumo. Ed il piatto è servito, trionfante nel suo bel colore giallo, appunto di "zaafaran". Ben mantecato di burro e parmigiano, disposto all'onda nel piatto decorato di pistilli, ha reso indimenticabile la cena di gala della "prima" alla Scala il 7 dicembre 2003 al Teatro Arcimboldi di Milano.

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