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Il Piemonte della fame e delle ristrettezze
Il Piemonte dei Malnutrì
di Ettore Toscani


Esiste un Piemonte poco conosciuto, lontano parente di quello che siamo portati a pensare e idealizzare fatto di prodotti tipici e vini ricercati. E' il Piemonte della fame e delle ristrettezze, popolato da contadini che faticano a tirare avanti, che si arrovellano per sopravvivere con quel poco che la terra riesce a dare loro. Queste storie di povertà sono state raccontate con dovizia di particolari da Enza Cavallero che, attraverso 180 ricette acquisite oralmente o tratte da antichi documenti, cerca di rappresentare - le abitudini alimentari dei poveri, ma talvolta anche dei potenti, spesso assai frugali. La ricerca copre un arco temporale che va dall'assedio di Torino del 1706, fino ad arrivare al periodo compreso tra le due guerre mondiali. La Patria Granda, l'antico Piemonte politico, rappresenta un territorio ben più esteso dell'attuale, arrivando a comprendere la Valle d'Aosta, parte della Lombardia a confine con il fiume Ticino, e i territori liguri del basso Piemonte. Questi confini permeabili ai commerci, danno la misura di come lo scambio alimentare si muova su strade aperte, e di come la tradizione sia qualcosa di poco codificabile, frutto di un sapiente mix di disponibilità, necessità, ingenio.

Il Piemonte dei Malnutrì Dal punto di vista culinario, il libro prova a rispondere a semplici domande che tentano di far luce sulle pratiche quotidiane della gastronomia della fame - Quali grassi utilizzavano? Quali semi oleosi confluivano nei piccoli torchi, dopo che l'olivo, per ragioni climatiche, era scomparso dal Piemonte? Come venivano conservati gli alimenti? Cosa rappresentò il sale per la nostra economia? Perché le acciughe incontrarono tanto favore fra il popolo piemontese? Scorrendo l'elenco delle ricette si incontrano alcuni dei grandi classici della cucina piemontese: coniglio o lepre (o gatto!) in civet, la paniscia, la minestra marià, la bagna cauda, i carpioni, l'insalata di nervetti. E poi ancora zuppe e polente. Erbe odorose, cipolle, aglio e porri. Trippe e sanguinaccio. Un elenco ancora capace di appassionare lo studioso e il cuoco. Tra le righe si apprezza l'astuzia culinaria capace di sfruttare e combinare elementi diversi, come latte, cipolle e pane abbrustolito, in prelibate minestre.
Ad essere rappresentate non sono solo le condizioni di vita delle campagne, ma un ampio capitolo è dedicato alla città di Torino e alle sue istituzioni. Non mancano i riferimenti alle frodi, alle adulterazioni che si commettevano sui prodotti di largo utilizzo come vino, pane, burro. Resta il fatto che molte ricette qui proposte, oltre all'indubbio fascino storico dei loro ingredienti, mantengono ben viva la memoria della nostra cultura alimentare: la fame.

Per info: www.danielapiazzaeditore.com

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