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Piatti montani, ricette semplici e frugali
La cucina Tibetana
di Maria Elisa Di Pietro
foto di Piergiacomo Pagano e Maria Elisa Di Pietro

La cucina tibetana è influenzata dai paesi vicini (India, Pakistan, Cina, e Nepal), ma è meno saporita, più leggera e meno varia. Anche la gastronomia del Ladakh, la parte dell'altopiano detta "Piccolo Tibet", a nord dell'India, è sobria e monotona. La dieta è tipicamente montana, simile a quella delle nostre valli alpine nei primi del novecento, basata su cereali, poche verdure e povera di carne. I pasti, semplici e frugali, sono graditi sia ai vegetariani, sia agli amanti del cibo orientale, ma deludono il turista che apprezza la più varia e originale kashmira e indiana.
Monks eating
Monks eating


L'alimento base della popolazione tibetana è l'orzo, l'unico cereale che può crescere in condizioni estreme di altitudine e siccità. Dall'orzo tostato si ricava la tsampa, una farina dal sapore che ricorda la nocciola e può essere consumata in polvere, aiutandosi con le mani, oppure impastata con l'acqua per ottenere grosse palle, ripassate nella farina fresca per evitarne l'essiccazione e facili da conservare nella bisaccia per un viaggio. La tsampa viene utilizzata sia per confezionare la pasta, sia per la preparazione di bevande, con l'aggiunta di zucchero, latte, yogurt, oppure mescolata nel tè e nella birra locale. Solo qualche anno fa è stata introdotta la coltivazione dei legumi, nei territori del nord, dove la produzione resta tuttavia limitata. Molto importanti sono i latticini come formaggio, burro e yogurt ottenuti dal latte di yak, il bovino dal pelo lunghissimo, che pascola nelle valli tibetane. Scarsi la frutta e i dolci.

Nell'area tibetana convivono tre fedi religiose, con diverse prescrizioni alimentari: induismo; buddismo, islam. La carne è solitamente esclusa dai pasti per motivi religiosi. Gli indù adorano mucche e tori come divinità e considerano sacri tutti i loro prodotti, perciò seguono un rigoroso regime vegetariano, che essi considerano segno di purezza. I buddisti si astengono dalla carne, benchè non vi sia un espresso divieto, perché professano il rispetto di ogni forma di vita e ne giustificano l'uccisione solo per necessità. Alcuni buddisti non mangiano prodotti di origine animale, incluse uova e latte. Altri evitano le cosiddette "cinque spezie", aglio, cipolla, erba cipollina, scalogno e porri, perché temono che il loro forte aroma possa eccitare i sensi e ostacolare la liberazione o il controllo dei desideri. Il divieto islamico di mangiare carni impure (maiale e derivati), animali morti naturalmente e animali acquatici che vivono anche fuori dall'acqua (granchi e anfibi), consente di cibarsi solo di carni pure, ottenute con la macellazione di rito musulmano, perciò i pochi macellai tibetani sono musulmani. Tra le carni sono saltuariamente cucinati il montone, il pollo e lo yak, quest'ultimo solo per celebrare particolari eventi. Una specialità è la carne essiccata di agnello o di yak, tagliata a strisce e lasciata essiccare vicino ai villaggi.

Kunach tè tibetano
Kunach, tè tibetano


La pasta è poco saporita ed il sapore speziato è dato dal condimento, solitamente piuttosto piccante. L'ingrediente base è la tsampa, cioè la farina d'orzo, impastata e lievitata con un po' di tè, sale e burro di yak. Lo stesso termine indica anche una minestra calda, allungata con tè è yogurt.
I due piatti tipici del Tibet sono i momos e una minestra detta thukpa. I momos, più conosciuti, sono una specie di ravioli ripieni di montone o di pollo, oppure di patate e formaggio, o ancora di verdure, legumi e spezie. Possono essere cucinati in diversi modi: quelli tradizionali sono cotti al vapore e ripassati nel burro; se sono fritti da un solo lato sono chiamati khotay; oppure fried se da entrambi i lati. Sono serviti accompagnati da verdure crude e salsa piccante. Gli skyu sono gnocchetti preparati con la farina bianca di grano, simili alle orecchiette pugliesi, conditi con verdure piccanti. I paba sono grandi gnocchi di farina d'orzo e piselli non tostati completamente. Vengono cotti nell'acqua bollente e di solito insaporiti con un condimento di burro e legumi fritti.
Le zuppe sono ottime: la thukpa è una zuppa preparata con tagliolini di pasta fresca, simili alle nostre fettuccine, serviti in un brodo di carne o di verdure; il dhal è una zuppa di lenticchie speziata, di origine indiana.

Il tagi, pane locale, è una variante dello chapati indiano. Se grande, spesso e insaporito con lo yogurt, è detto tagi kahmbir. Se all'impasto si unisce il burro si ottengono i mar-kur, biscottini rotondi, oppure i mar-tagi, ciambelline saporite ricoperte di zucchero. Tra le altre specialità da consumare a colazione o accompagnare alle pietanze, si trovano il gurr, una focaccia di patate crude, sbucciate impastate con burro e spezie, da provare calda con del formaggio e il tagi shamo, una pagnottina rotonda di frumento, ottima da gustare calda con burro e miele o marmellata.
Oltre al comune tè dolce, in tutto il Tibet si consuma un tè salato, una bevanda sostanziosa, piuttosto densa, ricca di sale e di grassi. Si ottiene facendo bollire le foglie del tè, spesso aggiungendo farina d'orzo ed amalgamandola con un pezzo di burro di yak e un pizzico di sale. Viene servito fumante in tazza, versato da un thermos o da una tradizionale brocca arabescata, che lo conservano caldo. L'offerta del tè è un rito che si ripete come segno di ospitalità anche verso i turisti. L'usanza vuole che quando la tazza è vuota, sia subito riempita di nuovo per non offendere l'ospite. Il sapore, che alcuni descrivono come simile al brodo di dado è raramente gradito agli occidentali, ma si consiglia di assaggiarne almeno un sorso, come gesto di cortesia. Secondo usanze domestiche e religiose, al tè viene mescolata la tsampa, per ottenere una bevanda più nutriente, dal gusto paragonabile a una minestrina di fiocchi d'orzo o d'avena, che viene consumata anche dai monaci, durante la preghiera quotidiana. Tra le bevande tipiche si trova anche il lassi, una squisita specialità rinfrescante, di origine indiana, a base di yogurt, allungato con acqua con frutta di stagione aggiunta, a scelta.

La birra tibetana, detta chang, è una bevanda di montagna molto popolare, prodotta artigianalmente dalla fermentazione dei cerali (orzo, grano, riso, mais, segale o miglio), con diversi sistemi di lavorazione. Essendo leggermente alcolica, è considerata una via di mezzo tra la birra leggera e il sidro fermentato. L'aroma dipende dal cereale usato, ma il più comune è quello l'orzo, che odora come il nostro pane. Nelle zone himalayane si ricava l'arak, il distillato dello chang, con un gusto tanto forte ed acre da essere paragonato ad una bomba al sapore di petrolio.

Dove e cosa mangiare.

I pasti offerti nei mercatini (fritture e pane) e nei monasteri (riso e frutta) sono molto semplici. Le specialità si possono assaggiare soprattutto nelle zone rurali. I ristoranti offrono menù tibetani, ma anche indiani, kashmiri, cinesi e persino italiani, anche se non troppo fedeli ai piatti originali. I locali tipici di Leh, capoluogo del Ladakh, sono spesso gestiti da profughi tibetani o indiani. Il migliore per il rapporto qualità prezzo è il Dreamland, che in una sala accogliente e con un servizio veloce, offre il menù più completo. Il Tibetankitchen, apprezzabile per l'ambiente ricercato, è piuttosto caro. Per chi non riesce ad abituarsi agli usi locali, alberghi e bar offrono l'alternativa di una colazione continentale, inoltre è possibile abbuffarsi a volontà presso la Sikh-run German Bakery, che vanta un'ottima pasticceria tedesca, baguettes e croissants.


Thukpa
Thukpa


Steamed momo
Steamed momo




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