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Il primo chef vegetariano a vincere il Premio Artusi...
Intervista a Pietro Leeman
di Luca Govoni
L. Govoni: |
E' una soddisfazione per lei, essere il primo cultore della cucina vegetariana, a ricevere il premio "Artusi"?
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P. Leeman: |
Per me è stato un grande onore, perchè è un premio di grande rilievo, che è stato dato a pochi illustri blasonati come: Arzak, Shiva, Marchesi, etc., e l'averlo ricevuto è una forma di consacrazione, anche al modo di cucinare. Io ho sempre creduto alla cucina vegetariana, sono stato premiato per questo, e sono riconoscente di questo riconoscimento, che testimonia come in realtà esista la cucina buona, che viene premiata, e quella non buona, può essere vegetariana o a base di carne, però sostanzialmente è buona o non buona.
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L. Govoni: |
Effettivamente ci sono delle sorte di pregiudizi nei confronti della cucina vegetariana...
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P. Leeman: |
Ci sono, per così dire delle paure: si pensa quasi che chi non mangia carne faccia parte di una setta. In realtà il non mangiare carne è una scelta. Secondo me ci si divide tra chi ama la carne e chi non la ama, una scelta assolutamente istintiva, non la decisione di aderire ad un partito o all'altro. Estremizzando e semplificando: ci sono gli agricoltori e i cacciatori, gli agricoltori non mangiano la carne e i cacciatori sì, non è sbagliata ne una cosa ne l'altra, però nessuna delle due categorie costituisce una setta esclusiva...
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L. Govoni: |
...è una scelta principalmente individuale...
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P. Leeman: |
esatto.
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L. Govoni: |
Sul libro di Artusi, "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" ha qualche opinione particolare?
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P. Leeman: |
Artusi mi piace soprattutto come testimone di un epoca, in pratica il suo non è un ricettario, bensì lo spaccato del momento storico che ha vissuto, di com'era la cucina in quel periodo. Secondo me, una cosa molto importante è che nel passato, da Apicio a Brillat-Savarin, ci sono sempre stati dei testimoni delle varie epoche che ci aiutano a capire com'era la cucina in periodi diversi, quale la sua evoluzione, quali le differenze.
Dal punto di vista culinario Artusi rappresenta la sua eopca e, diciamo, traspare che non è un professionista, si vede che è un gastronomo, un gastronomo gaudente che trascrive ricette che gli sono state dette, e a volte la ricetta va interpretata...
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L. Govoni: |
...tra l'altro l'Artusi dà per certo che il suo sia un ricettario di tutta Italia, ma in realtà non lo è, perché si limita in gran parte alla cucina romagnola e toscana, non riesce a toccare tutte le zone, pur offrendo lo spaccato di un'epoca.
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P. Leeman: |
Nel ricordo dell'Artusi, mi piace dir di me che sono un testimone dell'epoca che vivo, perchè la mia cucina, vegetariana, rappresenta un momento storico, è una cucina contemporanea. In aggiunta a questo sto pubblicando un libro in cui ho fatto tradurre un testo cinese di un gastronomo poeta del 1750, che come Artusi anche lui all'età di 45 anni, si ritira dalla vita pubblica e passa la vita a provare ricette, poi scrisse questo trattato molto importante, diciamo uno dei trattati più importanti della cucina cinese; io ho preso spunto da qual libro che ho fatto tradurre e faccio un parallelo, un confronto tra quello che viviamo noi oggi e quello che si viveva allora...
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L. Govoni: |
...ci potrebbe anticipare l'autore ..
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P. Leeman: |
l'autore si chiama Yuan Mei, io sono coautore, la prefazione sarà di Carlo Pretini, presidente della Slowfood, e il libro sarà pubblicato con Electa: il libro è già pronto, aspettiamo settembre per distribuirlo. Comunque al di la del libro, la mia cucina è una cucina contemporanea che cerca di anticipare il futuro, perchè al di la delle scelte alimentari quello che si nota chiaramente è che comunque si sta andando verso una cucina con meno carne, se non vegetariana. Si può parlare di una tendenza epocale: soprattutto i giovani mangiano meno carne, c'è un cambiamento in atto che va notato e anche noi cuochi dobbiamo aggiornarci. L'aver ricevuto il premio è anche un segno molto forte di questa tendenza.
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Forlimpopoli, festa artusiana 2005
L. Govoni: |
Visto che siamo in argomento, su Art in Cooking, una pubblicazione del 2003, sono presenti alcune sue ricette e si parla di minimalismo zen in cucina, che cosa si intende sostanzialmente?
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P. Leeman: |
La mia cucina, l'essenza della mia cucina, è una cucina Zen all'occidentale. Zen, perchè nello Zen si interpreta la natura senza snaturarla, anzi enfatizzandola; si percepisce un paesaggio Zen, un parco, piuttosto che un piatto zen; la perfezione del risultato è quasi ipnotica, ed esalta l'aspetto della natura, poiché enfatizzando la naturalità l'intento dello zen è la comprensione di se e del tutto attraverso questa. Nello zen la realtà viene enfatizzata ed è più facile entrare in sintonia con essa. Quello che faccio io è la stessa cosa: prendo un pezzo di natura, la trasformo, non la denaturo, la rendo essenziale e la enfatizzo.
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L. Govoni: |
E questo, mi corregga se sbaglio, si riallaccia anche al discorso che un piatto deve soddisfare tutti i sensi e non soltanto il gusto! ...non deve semplicemente riempire, ma deve soddisfare mente e spirito, deve riuscire a soddisfare tutti i sensi di chi si avvicina al piatto: il tatto, la vista, il gusto...
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P. Leeman: |
...si, alla fine il nostro contatto con la natura sono i cinque sensi, e se li stimoliamo tutti il contatto è diretto. E' bello riuscire, quando si è in un luogo ad essere presenti con tutti i cinque sensi, e nella mia cucina cerco di fare in modo che tutti i sensi vengano stimolati. Nella mia cucina mi baso sulla teoria cinese dei cinque elementi, quindi spesso ci sono cinque elementi sul piatto, poi questi sono i cinque log?, i cinque sensi, i cinque pianeti della medicina cinese, e che trovo sia quegli opposti, lo Yin e lo Yang, il movimento. Questi elementi sono sempre presenti nella cucina, che in qualche modo definisco stimolante ed energetica. Questo che è una sorta di contenuto non dichiarato, io lo pratico. In realtà il cliente viene da me per godere della mia cucina. Non percepisce a livello razionale questo processo di stimolazione multisensoriale, ma emotivamente si e dice: "ah ma che cosa mi succede?" Non si tratta di una imposizione, non gli dico: "guardi deve stimolare i cinque sensi". Il messaggio è semplicemente nel piatto, poi ognuno riceve lo stimolo che ha voglia di ricevere... ...anche secondo la propria esperienza.
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L. Govoni: |
La parola gusto ha molte sfaccettature e non va intesa nell'unica accezione di sapore, esperienza individuale, ma può essere usata in un contesto culturale più ampio. Gusto come sapere, cioè l'esperienza collettiva che ci viene trasmessa con l'educazione e che modifichiamo nel corso della vita con le conoscenze e le esperienze. Che cosa ne pensa?
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P. Leeman: |
Il gusto e l'olfatto e le altre percezioni sono collegate. Gusto e olfatto hanno una valenza straordinaria poiché stimolano la mente, la memoria, il sentimento. A volte si assaggia un piatto e questo gesto improvvisamente ci riporta ad un momento vissuto, al passato e qualcosa che abbiamo provato in quel momento. Sensazioni e ricordi strettamente legati. Un altro aspetto è che il gusto in ognuno di noi è cultura, la somma dei gusti che noi conosciamo è la cultura che noi possediamo. Al di la di ciò che una persona può conoscere in un settore specifico (può essere un erudito, per aver letto molti libri, o essere uno scienziato che conosce tutto sulla fusione nucleare) il gusto e la conoscenza del gusto sono un accrescimento e completamento della cultura personale. Questo può essere realizzato attraverso la mia cucina: il mio intento è quello di ampliare la percezione gustativa e di far si che i clienti aumentino la loro cultura del cibo; i miei piatti hanno sempre tanti oggetti, tante cose da esplorare, ampliare e con cui giocare...
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L. Govoni: |
...allora il cibo è un mezzo di comunicazione...
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P. Leeman: |
...il cibo è un mezzo di comunicazione, io mi esprimo attraverso i piatti e parlo al cliente. La comunicazione inizia dalla discussione del menù, il titolo del piatto è sempre simbolico di un'idea, un'idea che viene concretizzata nel piatto, perchè l'idea non è solo un'astrazione, ma si concretizza nel piatto. Quindi io inizio a parlare al cliente in questo modo, poi la comunicazione continua con la vista del piatto adeguatamente presentato e successivamente assaggiandolo... un piatto ed un ... piano di comunicazione completi.
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L. Govoni: |
Anche l'esperienza personale, ...
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P. Leeman: |
Ritengo il cibo un grande veicolo di comunicazione, perchè il cibo viene scelto, viene guardato, e poi viene consumato. L'assaggiare del cibo è un processo interessantissimo e un'esperienza completa. Va detto che c'è una grossa responsabilità di chi cucina, perchè il cibo entrando nell'altra persona deve avere delle caratteristiche rispettose per chi lo mangia. Quello che cerco è di far si che la mia cucina sia rispettosa nella scelta degli ingredienti, biologici, nella loro trasformazione e non manipolazione. Non è un approccio salutistico, è una forma di rispetto per l'altro.
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L. Govoni: |
Un'ultima domanda a livello del singolo piatto: ingrediente è il protagonista e rappresenta in se la natura. Come giudica quindi nella pratica della cucina, l'addensante che è importante per amalgamare e unire gli ingredienti.. vedo che lei utilizza l'agar-agar e la maizena.
Quindi se l'ingrediente rappresenta la natura, ciò che lo tiene insieme che cosa rappresenta?
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P. Leeman: |
L'ingrediente o rimane integro così com'è oppure viene trasformato, fino al punto di essere frullato. L'aspetto più profondo del collegamento con la natura è sempre il gusto, l'essenza del gusto deve essere presente: io posso fare una consistenza gelatinosa, una consistenza cremosa, una consistenza naturale o croccante, ma il gusto finale deve esserci sempre.
Il legante è importante, lo spiegherà Yuan Mei e poi io, parallelamente sul capitolo che parla dei leganti perchè il legante unisce elementi diversi od uguali tra di loro, ma separati. Il mio concetto di legante e di rapporti tra i cibi non è tradizionale. Solitamente in un piatto di cucina francese o in una pasta al pomodoro, si ha la pasta e il pomodoro che lega i vari pezzi di pasta, oppure si ha un pezzo di pesce arrostito, si ha una verdura, e poi c'è la salsa che lega gli elementi. Io ho eliminato questo tipo di legante alla mia cucina. In pratica è come se tra un elemento e l'altro vi fosse una piccola barriera per fare in modo che ogni singolo elemento sia il protagonista. Successivamente tutti gli elementi si mescolano nella bocca e costituiscono l'insieme del piatto anche se gli elementi nel piatto rimangono singoli e separati. Questo per me è il modo moderno di mangiare, dove non si ha una sola emozione perchè è tutto legato, ma dove un piatto dà molte emozioni e dentro di noi lo ricomponiamo. La nostra mente è associativa: se disegniamo un pezzo di cerchio, automaticamente la nostra mente disegna un cerchio completo; la stessa cosa nel gusto se noi abbiamo quattro gusti presenti nel piatto automaticamente se li assaggiamo separatamente alla fine i quattro gusti si fondono... e questo per me è l'evoluzione della cucina moderna.
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