In: "Romagna Arte e Storia", 22, 1990
Mangiare da mare
di Piero Meldini
La "cucina balnearia - quella ammannita dagli alberghi, pensioni, ristoranti, trattorie (e più in là pizzerie, pub, paninoteche, fast food) della costa - è malamente documentata, e non solo per gli anni della fase pionieristica. Anche (o soprattutto) oggi, azzardare un quadro dell'offerta alimentare e gastronomica della riviera romagnola che non rimasti-chi i sempre più triti e infondati luoghi comuni, è un'impresa, più clic temeraria, disperata.
Alla cronica penuria di fonti sull'alimentazione e sulla cucina va aggiunta, per quasi tutto l'Ottocento, la marginalità della ristorazione pubblica. di scarso o nessun interesse per i ricchi e titolati proprietari dei "villini" (che "ai bagni" si recavano con cuochi e servitori al seguito) e per i loro ospiti. Si aggiunga, ulteriormente, la mediocre cultura culinaria di gestori di estrazione perlopiù umile, per i quali i vertici dell'arte erano costituiti dai pochi piatti che il "basso ceto" si concedeva nelle grandi occasioni, e che confondevano la qualità con la quantità: "cucina bolognese" - ricorrente attrattiva di alberghi, ristoranti e trattorie - è a un dipresso sinonimo di cucina grassa e abbondante. Negli annunci pubblicitari l'endiadi "ottima cucina" e "prezzi modici" (con un accenno facoltativo ai "vini scelti" e al "servizio inappuntabile") esaurisce di norma il messaggio.
Di ristoranti (o Caffé-ristoranti) aggregati al vecchio Stabilimento Bagni riminese (il "piccolo" - come lo chiama Ruggero Ugolini) non ho notizia. Solo nell'estate del 1872 compaiono le prime inserzioni del "grande esercizio ristorante" dello Stabilimento, gestito da Ottavio Angiolini. Il secondo Stabilimento Bagni (il "grande") sarà inaugurato ufficialmente il 29 giugno dell'anno dopo. E però da credere che il ristorante fosse già collocato nel nuovo edificio, iniziato nel 1870 e a cui si stavano dando gli ultimi ritocchi. Se il servizio fosse proprio "perfetto", non sappiamo, ma i prezzi erano effettivamente "moderatissimi": 2 lire per un "pranzo di zuppa, due piatti di cucina, frutta, formaggio, pane e mezzo litro di vino", che salivano a 2 lire e 50 centesimi per ire piatti di cucina, a 3 lire e mezza per quattro piatti e a 4 lire e mezza per cinque piatti. corrisponderebbero - prendendo per buoni i coefficienti di moltiplicazione dell'Istat, calcolati sulla base del costo della vita - rispettivamente a 8, 10, 14 e 18 mila lire d'oggi.
Sul primo numero del " Corriere dei Bagni" (24 luglio 1872), dove pure compare l'annuncio a pagamento del ristorante, non se ne fa menzione: nell'immaginaria lettera di un milanese a un suo concittadino, in cui si cantano le lodi di Rimini e dei suoi Bagni, si citano "Maso, Nando e Cabianca", i cui nomi "suonano illustri del pari nella repubblica gastronomica". " Venite, venite pure a Rimini", esorta il sedicente milanese, "ché qui risotto e trippa sono tenuti in grandissimo onore". Pilade Cabianca era li proprietario del rinomato albergo Aquila d'Oro, in corso d'Augusto; "Maso" e "Nando" - considerati anche i piatti segnalati - si direbbero gestori di due modeste trattorie del centro. Nel 1874 è documentata in piazza Cavour una trattoria d'Europa, e nel 1877, in via Pescheria, la locanda del Cappello (gestita da Teresa Bisauchi), che assicurava "un'ottima cucina ed un assortimento di vini eccellenti" a "prezzi modicissimi", va da sé.
La marina, dove non erano ancora sorti alberghi, era quasi altrettanto spoglia di caffé e ristoranti. Nel 1867 un "antica" trattoria al Battello (condotta da tali Federico Marchetti e Giovanni Prendin) prometteva "esattezza e pulizia di servizio, vino scielto (sic) ed ottime vivande" (cfr. fig. 1). Intorno al 1870 aveva aperto i battenti, in una baracca di legno sulla spiaggia, il ristorante Daino. Del neonato ristorante dello Stabilimento si parla, in termini superlativi, sul n. 4 del "Corriere dei Bagni" (3 agosto 1873): nelle sue sale "confortabili e sostanziose, (...) con eccellenti tazze(di consommé), e pasticcini, e con bistecche, e col famoso pesce (Brodetto) dell'Adriatico, e con bottiglie di Sangiovese patrio che non la cede alla Barbera ed al Bordeaux, allora.. oh, allora le ore scorrono rapide quali minuti (...) nelle dolcezze di un Eden affascinante".
Nel nuovo Stabilimento Bagni al ristorante è riservato una sala a pianterreno, a sinistra dell'atrio, di 180 metri quadrati. Continua a gestirlo, unitamente ai due caffé, Ottavio Angiolini, a cui nel 1875 subentrerà Ettore Lucchi. li Capitolato d'appalto del Ristorante e Caffé dello Stabilimento Balneario (Rimini, Tip. Danesi, 1884) ci regala numerose ed interessanti informazioni sul servizio, la lista delle vivande e i prezzi.
3. (Art.) 10. Oltre all'obbligo di fornire l'intero servizio d'impianto pei due Caffé, il deliberatario dovrà altresì completare la montatura de Ristorante approntando il necessario numero degli oggetti di biancheria. cristallami. terraglie, posate e quanto occorre a un perfetto servizio a seconda delle prescrizioni della stazione appaltante, nonché soddisfare le esigenze di qualunque straordinario servizio nei giorni di maggiore affluenza di accorrenti.
Sarà speciale e tassativo obbligo dell'assuntore di avere una o più macchine refrigeranti per la birra, dove possa essere conservato in gelo l'intero barile dal quale deve estrarsi la birra per essere immediatamente servita ai richiedenti. (...)
(Art.) 11 Sarà in obbligo il deliberatario di tenere costantemente fornito il Ristorante di un copioso assortimento di vivande, e dì vini, zigari, ghiaccio, frutti di mare, ed i Caffé di un copioso assortimento di bibite, liquori, birra, gazzose, gelati comuni, pezzi duri e alla Napoletana. ghiaccio, paste, dolci, confetture, zigari, etc. atti a soddisfare non solo la convenienza, ma benanche le esigenze degli accorrenti.
(Art.) 12. Dovrà somministrare tanto le colazioni e i pranzi, quanto i generi di Caffé determinati nell'unita tariffa a contenere i prezzi del Ristorante e Caffé. La quantità di ciascuna vivanda non sarà minore di grammi novanta di pura carne cotta. Del vino comune dovrà depositare preventivamente un campione che servirà di norma in casi di contestazione. Sarà in facoltà del Municipio di farsi presentare un campione anche della birra per l'opportuna approvazione.
(Art.) 13. Sarà tenuto il deliberatario di scegliere persone adatte al servizio del Ristorante e dei Caffé, con raccomandazione di preferire le persone del paese, le quali abbiano servito nei primari esercizi congeneri, osservino i maggiori riguardi verso gli accorrenti. curino la maggiore nettezza sia di servizio che di vestiario. che dovrà essere l'abito (frak) eguale per tutti e di color nero. Qualora qualcuno di essi mancasse di rispetto agli accorrenti. e desse luogo a qualche reclamo, dovrà il deliberatario sostituirlo immediatamente con altro individuo fornito delle qualità suaccennate. Il Municipio potrà multare, a senso del presente capitolato. l'assuntore per le mancanze commesse dai camerieri nel loro servizio.
(Art.) 14. Avrà l'obbligo altresì di fornire sia pel Ristorante che pei Caffé un numero d inservienti proporzionato al numero degli accorrenti, (...) non che di un Direttore di sala per il solo Ristorante, che regoli e sorvegli costantemente il perfetto andamento del servizio (...).
L'appalto dei tre locali ha la durata di un quinquennio e rende al Municipio di Rimini oltre 1.800 lire l'anno (è questa la base (l'asta), pari a circa 7 milioni di lire odierne. Il Capitolato, dettagliato fino a/la pedanteria, detta norme minuziose e imperative sulla qualità del cibo e del vino, sul peso delle porzioni, sulle scorte e le attrezzature (è "speciale e tassativo" l'obbligo di installare "una o più macchine refrigeranti per la birra"), sul numero degli inservienti, sull'abbigliamento e il comportamento dei camerieri.
La lista delle vivande, con la distinta dei prezzi, è ricca (anche di strafalcioni d'ortografia gallica) e varia: vi figurano piatti locali, nazionali e internazionali. Dal menù è completamente assente il pesce. I vini, bianchi e rossi, sono sfusi e in bottiglia; del posto, italiani e francesi. I prezzi si mantengono ragionevolissimi: l'antipasto più caro costa 70 centesimi (2.800 lire d'oggi); una porzione di caviale è servita al prezzo stracciato di 60 centesimi (2.400 lire); anche la minestra più dispendiosa (le bolognesi tagliatelle al prosciutto) si paga 60 centesimi; le cotolette ai tartufi costano una lira (circa 4.000 lire). Un po' più cari sono i dolci: per un'omelette soufflée alla vaniglia è richiesta una lira e mezza (circa6.000 lire). il prezzo del vino, in rapporto a quello dei piatti, è piuttosto salato, e proibitivi, in proporzione, sono i migliori vini d'Oltralpe. Una bottiglia di Chateau Lafitte tocca la cifra vertiginosa di 10 lire (40.000 lire delle nostre): tanto quanto una bottiglia di champagne Moet et Chandon.
Nell'adiacente Capanna Svizzera (un edificio in legno destinato d'estate alla sosta delle carrozze e d'inverno a magazzino) funziona dal 1873 una megatrattoria di 600 metri quadrati, dove - scrive Ruggero Ugolini nella Guida ai bagni di Rimini (Milano. Tip. del Commercio, 1873) - "chi si accontenta di stare alla buona, mangia e beve a modicissimi prezzi". Gestisce la trattoria Ettore Lucchi, conduttore del Restaurant della stazione di Bologna che nel 1875 passerà a dirigere il ristorante dello Stabilimento; gli subentrerà Ubaldo Paci, che la gestirà fino al 1903, quando la cederà ad Alfredo Arcangeli, proprietario del ristorante Margherita (già Daino). Del livello gastronomico della trattoria - assimilabile, per la vastità del locale e i prezzi contenuti, alle pizzerie d'oggidì - poco sappiamo, e niente delle sue "specialità" (se non che serviva un "presciutto squisito"). Il periodico "Il Nettuno" (n. 7, 13 luglio 1873) la definisce una "trattoria al massimo buon mercato, (con) un servizio decentissimamente condotto". Sul n. 10 (24 luglio 1873) ripete che "alla Capanna Svizzera si mangia bene e si beve meglio", ma lamenta che "non ci si vede niente (...) a cagione del Gaz" e che sembra di stare "nella capanna di Betlemme" (in un numero precedente aveva preso di mira l'ingresso mal segnalato).
Siamo molto meglio informati, a conti fatti, sul "menu" dell'ospizio marino, aperto alla foce dell'Ausa dal medico bolognese Carlo Matteucci per il recupero dei bambini "scrofolosi" (o "linfatici", se vogliamo usare un termine meno datato e soprattutto meno crudo). Colazione: pane e caffelatte; pranzo: minestra, "lesso guernito" (due secondi il giovedì e la domenica), frutta, pane e vino annacquato; cena: un piatto caldo a base di carne, pane e vino annacquato.
4.La mensa (dell'ospizio Matteucci) è divisa in tante piccole mense di dieci per dieci: a cinque per parte, sono i fanciulli uno in faccia all'altro, e ad ogni mensa vi ha una vice-mamma sorvegliatrice. Questa disposizione è molto preferibile ai lunghi refettori, e lunghissime mense, come si suole usare in tutti i collegi. in tutti gli educandati. Questa disposizione è feconda di molti beni, ed è base di disciplina e di ordine tanto difficile a stabilirsi in un'accozzaglia improvvisa di fanciulli di qualunque condizione e malati. La convivenza tranquilla e lieta vuole un po' di affiatamento, un po' di rispetto, un po' di amore, e la miglior scaturigine di affiatamento è la mensa. Ogni mensa di dieci è 9uasi una piccola famigliuola, che ogni giorno adagio adagio si abitua a usarsi qualche riguardo, a volersi un po' di bene. Nei grandi refettori questa scaturigine di simpatia e di affetto non è incanalata, è perduta, ché l'affetto troppo diffuso è affetto disperso.
5.Il trattamento: ciascuno avrà il proprio letto e sarà servito di biancheria da camera, tavola e bagno. Avrà vitto consistente: colazione: Caffé e latte e pane a piacere; pranzo: minestra, lesso guarnito, frutta, pane e vino annacquato tutti i giorni, eccetto il giovedì e la domenica, che in luogo di contorno vi sarà una pietanza: c sul finire del pranzo verrà somministrato alcuno poco di vino puro proporzionatamente all'età; cena: una pietanza carnea calda e pane e vino annacquato; finalmente fra un pasto e l'altro viene somministrato pane e vino annacquato.
Al ristorante dello Stabilimento Bagni e alla trattoria della Capanna Svizzera si aggiungeranno, negli ultimi anni del secolo, altri locali di ristorazione, tutti di livello medio-basso: il ristorante al Giardino (condotto da A. Dianori), a destra dello Stabilimento; la trattoria della Balena (gestita da Aurelio Fabbri), accanto all'ospizio Matteucci; il ristorante alla Torre, di Giovanni Grossi, alla fine di viale Cristoforo Colombo. Garantiscono, tutti, un "servizio inappuntabile", un vasto assortimento di "vini di lusso e da pasto" e di "liquori finissimi esteri e nazionali", ma innanzi tutto "prezzi modicissimi". Sulla loro cucina non è spesa una sola parola (a parte, in un paio di casi, l'aggettivo "bolognese"). Una vecchia conoscenza è il ristorante Daino (poi Margherita), "in amena posizione sul Lido", di cui "Il Marecchia" (24 luglio 1897) loda "l'ottima cucina e i buonissimi vini"; dell'inappunrabi!ità del servi:io" si fa personalmente garante "l'egregio proprietario e direttore" - Alfredo Arcangeli - "sempre in abito bianco".
Nel 1896, con la trasformazione in hotel della Villa Adriatica - residenza estiva della principessa Odescalchi acquistata dalla marchesa Des Vergers e da costei affittata a Umberto De Comis -, al turismo dei "villini" si affianca timidamente quello degli hotels. già imposto altrove dall'accoppiata vincente di Cesare Ritz e George Auguste Escoffier e destinato a un travolgente avvenire anche sulla costa adriatica. Oltre agli altri "conforti della vita", Villa Adriatica assicura ai suoi ospiti una "cucina squisita alla francese e all'italiana" ("L'Ausa", 11 luglio 1896).
E il primo segnale non tanto di un'inversione di tendenza, quanto di una diversificazione dell'offerta gastronomica. Rimini aspira allo status di spiaggia ele8an!e. Per la clientela frigida e schizzinosa dei grandi alberghi. che identifica il buono col caro, la sola cucina di questo nome è la Grande Cuisine codificata da Antonin Caréme e rielaborata da Escoffier.
Come può, l' "Ostenda d'Italia", proporre al "bel mondo" modeste trattorie di provincia e menù casalinghi? Nel 1898 si apre, nella Villa Firenze (tra la Villa Adriatica e l'idroterapico), il primo Restaurant di lusso. il frutto più maturo e succoso di questa breve stagione avita di mondanità è il Grand Hòtel, che sarà inaugurato nel / 908. A ricordo dei pranzi serviti - e consumati - nella grande sale à manger dell'albergo, ci resta la lista del "lauto banchetto" offerto alle autorità e alla stampa per l'inaugurazione della stagione balneare 1911 ("L'Ausa", 1° luglio): Consommé Demidoff-Truite saumonée bouillée Sauce Mousseline; Medaillons de boeuf Eléna; Cailles soufflées Victoria; Volailies de bresse roties; Salade romaine; Fonds d'artichauts gratinés; Bombe Grand Hotel; Gateau italien; Panier de fruits. Come il lessico, così la struttura e i piatti del banchetto discendono recta via da Le guide culinaire (1902) di Escoffier, la "bibbia" della cosiddetta cucina internazionale.
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Documenti inediti tratti da:
Cervia, Archivio Comunale
Cesena, Biblioteca Malatestiana
Cesenatico. Archivio Comunale
Cesenatico. Biblioteca comunale
Forlì, Archivio di Stato
Forlì, Biblioteca Comunale. Raccolte Piancastelli
Ravenna. Archivio Storico Comunale
Ravenna, Biblioteca Classense
Rimini. Biblioteca Gambalunghiana
Rimini, Archivio di Stato
San Giovanni in Marignano, Archivio Comunale
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