La fame e il cibo nella poesia del più grande cantastorie italiano
Ciao Matteo...
di Peppe Ricci
Chi mora mora, chi campa campa
e nu piatte de maccarune con la carne
Scusate il ritardo col quale posto la notizia, ma prima non ho potuto. Sic. Io l'ho visto l'ultima volta giusto un anno fa al borgo di Caserta vecchia in 'Craj' (dal quale e' tratta la foto qui sotto) insieme con Teresa De Sio, Giovanni Lindo Ferretti, Uccio Aloisi, i cantori di Carpino e qualcun altro. Bellino che era lui... tossiva e la chitarra la suonavano per lui, ma un vero signore e poeta... CIAO!
dal web
Matteo e' morto. Era malato da tempo. Se n'e' andato via un grande artista. Un vero artista. Geniale, imprevedibile, folle, sregolato. Nessun telegiornale ha annunciato la sua scomparsa. Troppo occupati a parlare di banalita' sui rientri dalle ferie. Poi come parlare del grande Matteo in pochi istanti, come ridurre la sua complessita'. La sua giovinezza fatta di grande miseria, di analfabetismo - condizioni che il nostro paese non ama ricordare ma che hanno riguardato molti nostri connazionali - riscattata con la dolcezza della sua chitarra, la forza poetica delle sue parole. Un precursore Matteo Salvatore, l'inventore di un nuovo stile, il cantastorie che ha anticipato la generazione dei grandi cantautori italiani (alcuni di loro lo riconoscono come maestro). Ma anche un 'lazzarone', una persona sospettosa, intrattabile, inaffidabile. Insomma un artista. Piero Ciampi diceva: 'Morto un poeta, se ne fa un altro'. Spiace contraddirlo ma si sbagliava. I poeti sono sempre di meno. E un altro Matteo Salvatore non ci sara' piu'. Ma le sue canzoni rimarranno per sempre. E ci parleranno ancora di un mondo lontano ma sempre presente, di sentimenti veri, di sogni e bisogni. Tra questi, uno dei leit motiv della sua produzione, la fame (più spesso), cantata drammaticamente come in nessun altro cantautore o cantastorie prima di lui. Ma anche il piacere del cibo, meno presente ma tuttavia spunto per alcuni brani memorabili della sua produzione, tra i quali, Il pescivendolo, riportato all'attenzione internazionale dal film Big night, recente cult del cinema gastronomico. Ci piace salutare Matteo proprio riproponendo anche noi questo testo, completo di "grida" iniziale, che ci ricorda, tra l'altro, uno dei tanti mestieri da lui svolti in gioventù, quello di banditore nei mercati appunto. In un mondo di cui confessiamo di avere, per certi aspetti, anche un po' di nostalgia. Quel mondo di cui Matteo ancora ci parlava - e ci parlerà sempre -, un mondo senza silicio, senza plastica.
Il pesci vendolo
Ueh, tenimo lu pesce fresco stammatina! Ueh, Niculì, stammatina t'ha fa' 'na bella zuppa d' cozz, d' vavose e de cuchinlie! Ehi, le donne, venite, tenim' tutt' li qualità d' pesc'e: tenim li cozz'la nire, li cozz'la bianch', li crugnalet' e la reja petrosa, tenim li cefale, tenim l'anguille e lu capitone, li calamar e lu merluzz! Ehi, bella fe' t' vu' 'ccattà tu cefale? T' piace a te lu cefale, bella fe'? Ah, ueh, ueh, ueh!
M' sent allère stammatina
Aj jettate la ret' a mer
Tanta pisc' je pischete
E 'mm sent arr'crijate.
Ueh, lu pesce calamar' e triglie
L'aj pischete stammatina
je lu venn' a bommerchete
E pecchè e pecchè m' vo' spusà.
Currite, femmene d' lu pajese,
aiutate la bancarella,
mettetavillo dint la gonnella
jitele a frije dint la padella.
Ueh, lu pesce calamar' e triglie
L'aj pischete stammatina
je lu venn' a bommerchete
E pecchè e pecchè m' vo' spusà.
Currite, femmene d' lu pajese,
aiutate la bancarella,
mettetavillo dint la gonnella
jitele a frije dint la padella.
Ueh, lu pesce.
Matteo Salvatore, Il pescivendolo, in Il lamento dei mendicanti, Dischi del sole, 1996
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