Occhio all'etichetta
Quattro chiacchiere "carnose"
di Fabrizio Salce
E' fuori discussione che l'uso della carne come alimento abbia accompagnato l'uomo fin dai tempi più remoti nella sua costante evoluzione. Dapprima con la caccia, attuata con tecniche e mezzi rudimentali poi, con il passare dei secoli, con l'allevamento e i suoi sistemi sempre più evoluti. Gli allevamenti di oggi infatti sono vere e proprie aziende tecnologicamente avanzate, monitorate e supportate dalle tante organizzazioni di settore che assicurano la dovuta assistenza, sanitaria, specialistica, contrattuale, commerciale con il nobile fine di tutelare allevatori e consumatori. Anche la carne, intesa come materia prima in cucina, è stata protagonista nel tempo di svariate evoluzioni, diventando prima donna sulla scena di tanti piatti straordinari.
E' però doveroso, dialogando con il consumatore, ricordare che buona parte della carne che raggiunge le nostre tavole è in realtà derivata da bovini importati. Non che le nostre razze autoctone non siano all'altezza della situazione, anzi, ma i capi a disposizione sono limitati e la richiesta del mercato decisamente più elevata. Uno dei paesi dai quali importiamo maggiormente i giovani bovini è la vicina Francia. Dico giovani esemplari in quanto la parte dell'ingrasso per la preparazione dell'animale viene poi svolta nel nostro paese soprattutto in Piemonte e in Veneto. I motivi della consistente importazione, stando alle parole degli addetti ai lavori, sono prevalentemente tre. In Italia è carente la presenza di vacche nutrici mentre i nostri cugini transalpini ne posseggono un numero elevatissimo, non abbiamo grandi pascoli a differenza del territorio francese e, infine, il nostro mais, elemento fondamentale per l'alimentazione all'ingrasso dei bovini, è di ottima qualità. In effetti da noi si tende ad allevare in modo più sostanzioso animali destinati alla produzione di latte e non di carne e gli spazi idonei per un buon pascolo di cui disponiamo sono al quanto limitati. Ecco dunque che la ampie colline della Borgogna, della Limousin e della Garonne divengono luoghi ottimali per lo svezzamento dei giovani vitelli. Le razze che vengono importate sono rispettivamente in base alle citate regioni la Charolaise, la Limousine e la Blone d'Aquitaine. La Blonde, proprio per via del territorio d'origine, è anche conosciuta come Garonnese.
In poche parole i vitelli trascorrono alcuni mesi di vita sui verdi pascoli e vengono poi trasferiti da noi per l'ingrasso finale, operazione che si svolge con una alimentazione sana e naturale accuratamente studiata al fine di poter dare un'elevata qualità delle carni al consumatore finale. Teniamo presente che noi italiani prediligiamo la carne di vitellone, possibilmente molto magra, mentre i nostri cugini francesi optano spesso e volentieri per la carne di bovino adulto.
Gli animali che vengono importati sono accompagnati da un passaporto rilasciato all'allevatore dalle autorità competenti. Dopo pochi giorni dalla nascita infatti al vitello vengono applicati degli auricolari ai lobi delle orecchie con dei dati ben precisi, l'allevatore ne denuncia la nascita all'ente preposto il quale emette la documentazione riportante tutti i riferimenti di legge, soprattutto quelli sanitari, che accompagnerà l'animale per tutta la sua vita.
Questa operazione è molto importante per avere sempre sotto controllo la tracciabilità dei capi e, in un secondo momento, per etichettare le carni con le corrette informazioni per il consumatore.
Dal 1997 nell'area dell'Unione Europea è obbligatoria una particolare etichettatura delle carni in vendita riportante alcuni dati specifici come la provenienza dell'animale, dove è stato allevato, macellato e sezionato.
Alcune organizzazioni di settore hanno fortemente voluto un'etichetta ancora più completa, con più informazioni, ed hanno attuato quella che viene definita l'etichettatura volontaria. Per rendere possibile tale operazione è necessario che i vari operatori della filiera applichino un disciplinare di etichettatura volontaria autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Tutti i disciplinari di etichettatura volontaria approvati hanno un codice identificativo riportato sull'etichetta della carne o sullo scontrino, quello di Asprocarne Piemonte, per esempio, è: IT005ET. Con l'etichettatura volontaria il consumatore può avere più informazioni sulle carni che acquista: l'allevamento, l'alimentazione, la razza, l'età, il sesso dell'animale, tutti elementi che determinano e differenziano la qualità, la tenerezza e la succosità delle carni.
Naturalmente le operazioni dei passaporti e di etichettatura non riguardano solo i capi importati ma anche gli animali di razze italiane nati e cresciuti nel nostro paese. Se parliamo di razza piemontese per esempio, la prassi è la stessa, gli auricolari alle orecchie dopo alcuni giorni dalla nascita del vitello e l'emissione della documentazione del capo che lo seguirà per tutta la vita.
Per coloro che volessero avere più informazioni sul mondo delle razze bovine da carne, settore di cui poco si parla, consiglio un nuovo sito internet che trovate all'indirizzo web www.lacarnesenzasegreti.it. E' stato costruito e messo in rete dall'Asprocarne Piemonte, in collaborazione con l'Unione Europea e lo Stato Italiano, proprio per dare una maggiore informazione alla gente ed è interessante, oltre che per i contenuti, anche perché i tecnici sono a disposizione per rispondere alle domande degli utenti. D'altronde è giusto e doveroso da parte nostra sapere nei dettagli cosa c'è dietro alla carne che regolarmente mangiamo e gli allevatori, quelli seri e onesti, hanno una gran voglia di farcelo sapere.
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