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Speciale Hitchcock, l'uomo che mangiava troppo
di Rino Pensato (in compagnia di Salvatore Gelsi)

Salvatore Gelsi
A tavola con Hitchcock

Film e ricette di un grande gourmet
(Mantova, Trelune, 2005)

"Davanti a una tavola apparecchiata Hitch si trovava davvero come su un set: dominava la scena, la imponeva soggiogandola alla sua volontà e ai suoi capricci. Di una cosa però tutti sono certi, del suo essere un gourmet raffinato, tanto che a Hollywood era ritenuto un evento eccezionale essere invitati a cena dalla famiglia Hitchcock. Altrettanto difficile era averlo ospite: erano ben note le sue esigenze e conoscenze in fatto di gastronomia, capaci di mettere in difficoltà qualunque cuoco americano. "Mi è proprio impossibile venire a cena da te. lo sono un autentico buongustaio e non ho idea di cosa potrebbe mettere in tavola tua moglie", era la risposta più frequente, tra il serio e il faceto. Ossessioni, riti, manie, tormenti tra cibi proibiti e raffinate preparazioni, suspense e paura passano dalla cucina allo schermo con una facilità straordinaria, frutto del sapere di un grande gourmet."

Salvatore Gelsi (dalla quarta di copertina)

Hitch Il biblio-gastronomo che qui scrive è ammirato non solo dal libro (bellissimo nella forma e nella sostanza), ma anche dalla logica e dalla metodologia di lavoro, impeccabilmente seguita - ed eseguita - da Gelsi.
Prima l'inventario (Ciak, si mangia, 1999) poi la teoria e l'analisi filmica socio-antropologica e culturale (Lo schermo in tavola. Cibo, film e generi cinematografici, 2003), poi lo studio di un caso (A tavola con Hitchcock, 2004), e che caso, il mago del brivido, uno dei registi più leggendari, più amati, più citati - anche quando non visto - ma anche più detestati, per un lungo periodo e i molte aree, geopolitiche e ideologiche. Celebre, spietato, sprezzante il giudizio del marxista Sadoul e della sua "scuola" sul mediocre, "modesto artigiano" londinese emigrato in America. Il figlio di un droghiere (!) di Leytonstone presso Londra era destinato a diventare uno dei cult più universali della decima arte e tra i più studiati (gran merito anche al grande Truffault e al suo formidabile saggio-intervista) nelle scuole di cinema, ma anche negli insegnamenti universitari di storia del cinema di mezzo mondo. Grazie a tutto questo, molte cose si sono venute a sapere negli ultimi vent'anni, non solo della sua arte, del suo genio insieme "semplice" e "contorto", dei suoi vezzi artistici e umani. Qualcosa si sapeva, si intuiva e si coglieva, del suo profondo "legame" con cibi e bevande, soprattutto alcoliche.

Ma serviva la sensibilità (sintetizzata da quello che è un po' il suo motto, la parola d'ardine, la chiave interpretativa dell'oggetto di studio: il cibo e lo sguardo) di Salvatore Gelsi, per rivelarci in maniera così limpida e acuta, tutte le sfaccettature del rapporto, davvero intimo, ancestrale, fisico e culturale, di Hitch col cibo. Tra analisi e vivisezione (puntuale e minuziosa) della presenza del cibo nel suo cinema, aneddoti ricavati dalle fonti più disparate (Truffault, interviste, testimonianze di prima mano) relativi agli aspetti umani, esistenziali, di questo rapporto (due piani, quello artistico e quello biografico comunque inscindibili), viene fuori un ritratto straordinario, sorprendente, divertentissimo. Non commettete l'errore (frequente, non solo nei confronti dei registi, ma anche degli scrittori, dei pittori, ecc. quando si parla del loro rapporto con la cucina) di scambiare questo libro come un divertissement (a dispetto della sua alta godibilità), come un contributo a parte, uno sguardo indiscreto su un aspetto irrilevante, minore, secondario della vita e dell'opera di un grande del Novecento. Non bastassero l'analisi e le considerazioni, generali e analitiche, di Gelsi, sono proprio le citazioni (testuali) da Hitchcock e una visione non distratta dell'approccio col cibo presente in tutti (tutti!) i suoi film ad ammonirci. Il cibo, nella sua vita e nel suo lavoro, hanno rivestito un'importanza capitale e, di conseguenza, il lavoro di Gelsi reca un contributo di primaria importanza alla letteratura (già sterminata) su questo gigante dello schermo, il cui film d'esordio (ce lo ricorda opportunamente Gelsi), nel 1928, s'intitolava Champagne!

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