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Bibliotecari di gusto
Alberto Salarelli e la Cucina senza stelle
di Giovanni Solimine

Alberto Salarelli è un personaggio interessante: insegna "Sistemi di elaborazione dell'informazione" nel corso di laurea in Storia, Scienze e Conservazione dei Beni Culturali dell'Università di Parma, città in cui è nato. Ma si occupa di vari aspetti della civiltà padana: l'architettura rurale, i mestieri del Po, la musica, la storia economica. Ma un docente di beni culturali non poteva non interessarsi anche del fenomeno gastronomico, specie quando la buona cucina viene praticata nel rispetto dei valori di un territorio.
Infatti, ha appena pubblicato un volume sulla cucina tradizionale del Po mantovano, dove convergono influenze venete ed emiliane. Cucina senza stelleNel suo Cucina senza stelle - edito da Sometti di Mantova (prezzo 13 euro) e arricchito da una prefazione di Gianni Mura e da svariate citazioni letterarie che favoriscono una corretta ambientazione - Alberto Salarelli racconta le gesta compiute all'interno di 24 osterie, trattorie, locande e altri luoghi di ristorazione variamente denominati e disseminati al di qua e al di là del fiume e dell'autostrada, tra Viadana, Pomponesco, Dosolo, Suzzara, Borgoforte, Bagnolo di San Vito, Governolo, San Benedetto Po, Revere, Ostiglia, Sermide, Felonica. Locali che non troveremo certo nelle grandi guide, ma dove la passione (di chi prepara da mangiare, ma anche di chi si siede a tavola) meriterebbe molte stelle, cappelli, forchette, asterischi o altri simboli usati per valutare la buona tavola, dove il cuoco ha voglia di fare bella figura ma senza strafare e senza cadere mai nella banalità, dove le seggiole sono comode e la fretta è bandita.

L'autore si destreggia fra polente, minestre e lunghissime sfoglie fatte in casa e poi forgiate e riempite in tanti modi differenti, pesce gatto, luccio e altri pesci di fiume, rane e fagiani, funghi e tartufi del sottobosco locale, verdure e legumi, "normalissime" uova sode o frittate e ingegnosi tentativi di rivisitazione dei piatti contadini, filetti di bue e stracotto, ciccioli, cotechini e altri derivati dal maiale, faraone e capponi, insaccati lasciati a maturare in cantina, sottolî, formaggi e buone bottiglie, crostate e tocchi di sbrisolona, pesche e noci, caffè fatto con "molto sentimento", nocino di produzione casalinga. Quanto deve aver faticato il nostro Salarelli per scrivere questo libro!
Il tutto quasi sempre al di sotto dei 30 euro (portate con voi i contanti, perché in alcuni di questi locali non sanno neppure cosa siano le carte di credito). Il corredo fotografico che accompagna il volume ci mostra le facce, gli ambienti, le insegne spesso démodé, i fornelli, i vapori e ci lascia immaginare in modo suggestivo gli aromi e i sapori.
Lo volete un consiglio? Prendetevi una pausa, recatevi in questi luoghi e lasciatevi andare. Se, dopo aver mangiato, vi sembra di riconoscere tra i giocatori di carte un vecchietto che somiglia a Zavattini, non è detto che abbiate bevuto troppo. È il contesto che sta producendo i suoi benefici effetti.

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