Andar per vini
Verdicchio & Co.
di Caesar Piero Valdiserra
Se da Ancona prendete la superstrada che sale verso Fabriano, nel verde entroterra maceratese, scoprirete un itinerario di altri tempi, fatto di un ambiente naturale meravigliosamente integro, di centri abitati dall'aspetto tranquillo, di gente aperta, cordiale e schietta. È la zona di quelli che sono stati ribattezzati, alcuni anni or sono, i "metalmezzadri": una popolazione operosa, che ha saputo abbinare all'occupazione nelle fabbriche del recente boom economico la conservazione della proprietà, e della gestione, dei terreni agricoli. Un fenomeno di sviluppo a lungo studiato anche nelle aule di economia della dinamica università del capoluogo marchigiano.
Superata la gola di Frasassi, e prima di raggiungere Fabriano, vi si presenta l'ampia vallata di Matelica, circondata da monti boscosi. Matelica è città dalla storia molto antica, con importanti radici preromane, e in età pontificia ha conosciuto una diffusa attività protoindustriale nel settore tessile. Nel secondo dopoguerra, grazie all'iniziativa di personaggi come Enrico Mattei e Aristide Merloni, il suo territorio ha beneficiato di stabilimenti industriali di notevoli dimensioni. Nel corso degli ultimi decenni tuttavia Matelica si è affermata soprattutto come importante centro di produzione del locale, particolarissimo Verdicchio.
L'area di produzione del Verdicchio DOC di Matelica si estende nella vallata compresa tra il Monte San Vicino a est, la catena del Monte Catria a ovest e i Monti Sibillini a sud, ed è caratterizzata dalle bizzarrie del fiume Esino. L'ottima esposizione dei vigneti, la costante ventilazione, la luminosità e il calore contribuiscono a formare un ambiente ottimale per il ciclo vegetativo della vite. La sapiente opera dei produttori mirata all'esaltazione della tipicità, unitamente all'uso delle più moderne tecnologie di vinificazione, hanno portato il Verdicchio di Matelica ai livelli più alti dell'enologia nazionale. Secondo l'azzeccata definizione dell'enologo marchigiano Roberto Potentini, è un "rosso vestito di bianco", cioè un vino bianco di buona alcolicità, di grande corpo e struttura, molto versatile negli abbinamenti, che ben accompagna un pranzo o una cena dall'inizio alla fine. Un Verdicchio di montagna, insomma, molto caratterizzato e ben distinguibile dal più noto, e più distribuito, Verdicchio dei Castelli di Jesi.
Matelica però non è solo Verdicchio. La particolare morfologia del territorio ha sempre offerto un habitat adatto all'allevamento degli animali, e anche oggi non è casuale vedere al pascolo i bovini della pregiata razza marchigiana o gli ovini di razza fabrianese.
Un discorso a parte meritano i suini: pur se sono del tutto sparite le razze autoctone, il gusto per la tradizione è rimasto anche nella produzione industriale. Non perdete l'occasione di assaggiare il "ciauscolo"; il suo nome deriva dal latino ciabusculum, e significa "piccola razione di cibo". E in effetti il gustoso "ciauscolo", questo antico salume marchigiano, ha la proprietà di poter essere spalmato sul pane e di sostituire così un pasto completo. Da ricordare anche il salame lardellato, la salsiccia e il profumato salame di cinghiale, il guanciale stagionato.
Dolcissimo e profumatissimo è il miele "millefiori" di Matelica, tipico di questa zona per la molteplicità dei fiori presenti, che da qualche tempo viene impiegato anche nella fermentazione alcolica di piccole partite di Verdicchio, per preparare una sorta di "vino e miele" alla moda degli antichi romani.
Al ristorante potrete trovare molti piatti della tradizione contadina. Tra i primi spiccano i "vincisgrassi", una specie di saporite lasagne locali, e le "tagliatelle della trebbiatura". Tra i secondi chiederete il "coniglio in porchetta", il "pollo in potacchio" o la classica "coratella d'agnello".
Per quanto riguarda infine i dolci vi segnaliamo la "crescia sfojata", dessert tipo strudel ricco di noci, uva secca, fichi secchi e mele, la "frustenga", che fra gli ingredienti annovera la dolcissima "sapa" (mosto d'uva condensato) e la bianca, friabilissima e leggerissima "ciambella di Pasqua".
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