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MenSA intervista Allan Bay
Cuochi si diventa: parola di Allan Bay

In occasione della presentazione a Bologna di Cuochi si diventa 2, di Allan Bay, abbiamo rivolto all'autore alcune domande sul suo libro e su altri temi relativi alla cucina e alla ristorazione italiana.
Pubblichiamo qui la prima parte dell'intervista, riservando la seconda per il solito, specialissimo e seguitissimo numero di Natale, anche per raddoppiare il piacere di leggere le opinioni di Allan Bay, sempre franche e di rara acutezza. (MenSA)

MenSA: Lei si dichiara convinto che cuochi si diventa. Occorre solo un pizzico di conoscenza culinaria. Se per cuoco si intende una persona "tecnicamente" in grado di allestire dei piatti standard, il suo assunto funziona. Ma, senza scomodare i grandi chef (a mio modesto parere Pierangelini non si diventa, come non si diventa, ovviamente, Maradona sulla base del possesso della tecnica calcistica standard), già per diventare un cuoco capace di "far felice se stesso e i suoi amici proponendo piatti buoni e facili", non serve qualcosa di più? Leggere i suoi libri, per fare un esempio (= cultura gastronomica, i suoi libri sono ricchi di suggestioni culturali e non solo gastronomiche). Posto di fronte alle stesse materie prime, una persona priva della cultura, dell'estro, della passione umana, dell'immaginazione, della sensibilità (di tutti i sensi) di un Allan Bay diventa "cuoco" o semplicemente ci fornisce un esempio di cucina "fredda" e "asettica"?
Allan Bay: freddo, asettico, faccio fatica a definire così un piatto. Perché non utilizzare il termine buono, che in fondo tutti noi utilizziamo quando parliamo di piatti? Sono convinto che la prima, grande discriminante sia fra piatti buoni e quelli che non lo sono. Poi c'è il problema della ricetta. Inventarla è difficile, ce la fanno gli Escoffier e i Dubois, come anche i Pierangelini e i Marchesi. C'è un fatto però: la cucina non è come molti dicono (e qualcuno ne è pure convinto…) una forma di espressione artistica, bensì artigianato. Grandissimo, buono anche mediocre artigianato ma sempre artigianato. E mentre l'arte ha una caratteristica essenziale, le non riproducibilità, l'artigianato non ce l'ha affatto, anzi, è esattamente l'opposto, è connaturato all'espressione artigiana il fatto che chiunque in possesso di adeguate basi tecniche deve poter riprodurre un qualcosa - e per questo motivo la legge non permette il copyright sui piatti. Quindi se qualcuno, in anni di lavoro, rifà esattamente uguale la Monna Lisa (ma vale anche per un taglio di Fontana), non fa ne arte ne nulla, è solo un gioco piuttosto sciocco (anche se de gustibus non est disputandum). Mentre se qualcuno con pazienza e grande cura rifà esattamente la Sella all'Orloff di Dubois, fa un grandissimo piatto, e il suo lavoro è degno di grande stima. Certo, non ha messo nulla di creatività, frase forse un po' eccessiva, che a rifare un piatto bene serve tanta di quella cura, attenzione e passione che possiamo definirlo un lavoro (quasi) creativo. Però ha raggiunto il suo scopo. Quindi lasciamo che pochi, immensi artigiani creino nuove forme di altissimo artigianato culinario. Tutti gli altri, ivi compresi il 99 percento dei cuochi e tutti gli amateurs, possono tranquillamente rifare questi piatti, al limite intervenendo su qualche particolare, senza che per questo motivo facciano cucina fredda e asettica, ma facendo buona cucina. Se si lavora con passione e un po' di competenza, bravi cuochi si diventa.
MenSA: Il suo "decalogo" esteso, quello del primo libro, è splendido. Anche se il confine tra decalogo (sia pure di regole generali) e canone è labile. Comunque il suo va benissimo. Tempo fa Tullio Gregory ne propose uno su "Grand Gourmet", ben più ideologico, imperativo, gastronomicamente parlando, conservatore se non "reazionario". Gregory è un grande personaggio della cultura italiana e diciamo queste cose con immutata ammirazione e amicizia. Recentemente egli ha ribadito i suoi canoni su l'Espresso, non senza accattivanti motivazioni e buon senso. I punti forti e irriducibili della sua "filosofia" sono "cucina del territorio", "abbasso la fusion", "abbasso il minimalismo", ovvero, banalizzando, più roba nel piatto e meno "estetica della presentazione". L'opinione di Allan Bay sui tre capisaldi della filosofia di Gregory.
Allan Bay: Non sono d'accordo con Gregory. A voler veramente rifare un piatto "della tradizione", diciamo una ricetta "certa", pubblicata in qualche antico libro, dovremmo utilizzare gli attrezzi di allora, dalle pentole ai fuochi, non saprei dove trovarli, se non in un museo, e gli ingredienti di allora, questi del tutto introvabili, in quanto non esistono più. Credo che sia stato Benedetto Croce a dire che chi scrive di storia scrive storia contemporanea, altrettanto è giusto dire che chi cucina un piatto fa cucina di oggi. Quindi per quanto riguarda cucina del territorio, io dico: viva i prodotti del territorio, possibilmente certificati e garantiti, e a chi bara a produrli gli si tagli la mano destra. Ma poi i cuochi li abbinino secondo il loro estro e le loro competenze, noi possiamo solo dire: buono o non buono, e non: antropostoricamente corretto o non corretto. Quanto alla fusion, ho troppo rispetto che i profeti che, criticati dai Gregory di allora, hanno introdotto nella nostra cucina, facendo delle grandi operazioni fusion, quisquilie come patate, peperoni, melanzane, mais e tantissime altri. Se si critica la fusion di oggi, per coerenza bisogna criticare anche quella di ieri… Infine per quanto riguarda il minimalismo, sono convinto che l'abbondanza nel piatto, peraltro amata dal 99,9999999 percento degli italiani, sia figlia della fame atavica, e lo straffogarsi di cibo era l'emblema della festa. Oggi, in un menù costruito da un grande cuoco in una sequenza che lui reputa ottimale, più roba nel piatto è sbagliato. Certo, anch'io ogni tanto amo abbondare, una volta (ahimè ero più giovane…) mi sono goduto 99 ostriche (100 no, non sta bene mangiare un numero di ostriche di 3 cifre…). Ho un grande ricordo di quel pasto, ma non è stato un grande pasto, bensì un grande evento, non è la stessa cosa.

Non perdetevi MenSA intervista Allan Bay 2!
Nel prossimo numero.

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