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I Tesori degli Aztechi: in mostra oggi e sempre sui nostri palati
di Mikis Pensato

La Svizzera sarebbe famosa solo per gli orologi: tic tac.
A Napoli, chiedendo in un ristorante degli spaghetti, verrebbero serviti rigorosamente in bianco, al burro: tristezza!
La "nduia" calabrese, probabilmente, sarebbe un piatto delicato per bambini, qualcosa che gli uomini veri sdegnerebbero: tze tze!
Cosa smangiucchieremmo allo stadio o al cinema rumoreggiando: ciccioli? Pancotto?

Insomma: il mondo non sarebbe lo stesso! Se non fosse stata scoperta l'America e, successivamente, non ci fosse stato il confronto - ahimè drammatico e sanguinoso - con le culture autoctone, la stessa cultura alimentare mondiale sarebbe stata tutt'altra cosa. Niente cacao, cioccolato: xocoatl, il "cibo degli dei". Niente pomodoro, Tumatl. E niente peperoncino, mais. Niente patate. Niente tacchino, il Gallo d'India che fece la sua prima apparizione italiana, a Bologna e a Genova, alla fine del XVI secolo.

Invece tutto questo c'è, esiste.
L'appassionato di cultura gastronomica non può non tenerlo presente mentre passeggia tra le sale della splendida mostra "I Tesori degli Aztechi", visitabile a palazzo Ruspoli, a Roma, fino al 18 luglio.
Forte del successo ottenuto a Londra e a Berlino, con più di cinquecentomila visitatori in ciascuna città, la Fondazione Memmo ha deciso di esporre trecentocinquanta capolavori, alcuni di essi, una quarantina, provenienti dal Templo Mayor, la più grande piramide azteca dell'antica capitale Tenochtitlàn , ed esposti per la prima volta.

L'Impero azteco, guidato con saggezza dal grande Moctezuma, era all'apice della sua potenza e della sua espressione artistica e culturale, quando si trovò faccia a faccia con un'altra cultura, quella dei conquistatori europei, in quel fatale 1519.

L'approccio tra i due mondi fu improntato inizialmente ad una reciproca curiosità e persino al rispetto. Gli Spagnoli condotti in pace fino nel cuore del mondo azteco, nella splendida capitale Tenochtitlán, oggi Città del Messico, rimasero sbalorditi e abbagliati da tanta bellezza, dall'armonia che tutta quella cultura aveva saputo realizzare con l'ambiente naturale e tra gli uomini, legati da relazioni sociali equilibrate e funzionali alla prosperità.
L'incomprensione, tuttavia, oltre che per la brama di ricchezza degli europei, sarebbe venuta probabilmente in relazione alla cupa religiosità azteca, timorosa degli eventi naturali, dominata dall'oroscopo e dai presagi e legata ai terrificanti sacrifici umani.
L'incontro tra i due mondi si trasformò presto in tragico conflitto, giungendo all'inesorabile declino del popolo azteco, decimato soprattutto dalle malattie, tra queste il vaiolo, sconosciute nelle Americhe e portate dagli Europei. Gli Spagnoli della conquista fagocitarono il mondo azteco e travolsero, depredando, i segni della sua cultura.

Quella cultura che oggi è in mostra a Roma e presente, quasi tutti i giorni, sulle nostre tavole.

Sede espositiva:
Fondazione Memmo - Palazzo Ruspoli - Via del Corso, 418 - Roma

Allestimento a cura di: Ezio Frigerio

Periodo:
Sabato 20 Marzo 2004 - Domenica 18 Luglio 2004

Orari:
Tutti i giorni dalle 9.30 alle 19.30 Sabato dalle 9.30 alle 21.30

Ingresso:
Intero 8 €, ridotto e gruppi di adulti 6 €, gruppi di scuole 4 €

Informazioni e prenotazioni: Telefono 06-6874704
Sito internet: www.palazzoruspoli.it
Servizio wap: www.palazzoruspoli.it/wap

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