| Perché difendere i centri storici con le loro tradizioni alimentariDifendere l’enogastronomia  italiana non è razzismo
 di Attilio Scotti
 Vittorio Castellani, detto Chef Kumalè, giornalista gastronomade, nonché  cultore delle cucine di etnie diverse, invia un lungo comunicato “Xeno-foodismo” nel quale stigmatizza il  comportamento di un Comune italiano che pone limite alla proliferazione –unicamente  nei centri storici della città- di ulteriori attivazioni di esercizi nei quali  si somministrano cibi e bevande la cui attività svolta sia riconducibile ad  etnie diverse. In parole povere basta, nei centri storici, allo stillicidio di  bar,locali,ristoranti nei quali si servono cibi di etnie diverse ( kebab,  couscous, tortilla, sushi, sakè, ecc. ecc.) e che hanno invaso i centri storici  italiani. Il tutto condito da una serie di osservazioni sul cibo cultura e sui  patrimoni gastronomici che rappresentano, a suo dire, un fondamentale veicolo  di conoscenza, scambio ed integrazioni tra i popoli.
 Sarò certamente l’unica voce fuori dal coro, ma plaudo alla iniziativa  di questo Comune, che ha il coraggio di dire finalmente una verità. Ovvero dire  basta a che i centri storici della città italiane si trasformino in  casbak/suk con   vendita di cibi e bevande che nulla hanno a  che fare con la nostra cultura enogastronomica, il tutto condito da venditori  di collanine e tappeti che deturpano la bellezza dei centri storici italiani.
 Dobbiamo darci una regolata e difendere le nostre tradizioni enogastronomiche.  Provi un italiano ad aprire negozio di alimentari o un ristorante nella Qasba  di Algeri, a Marrakech o Rabat nel Marocco,nel centro storico di Bagdad, New  Dehli,  ecc,: lo cacciano a sassate  Difendono i centri storici e le loro tradizioni alimentari.
 
 Io difendo l’enogastronomia italiana e i milioni di italiani che  traggono supporto economico da questa attività, dai vignaioli ai casari,  agricoltori,panificatori. ristoratori,   ecc.
 Tutto qui: senza essere  razzisti, ma solo realisti.
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