MenSA Menu Storici e d'Autore
UserId PassWord
homepage
direzione e redazione
sommario
editoriale
le rubriche

i menu
archivio
banca dati
amici di MenSA
 
le regole del gioco le regole del gioco
di M. Montanari
MenSArIO - I blog di MenSA MenSArIO
I blog di MenSA

MenSA - la copertina


Cibo e delitto nell’esordio a colori di Hitch
Nodo alla gola (1948) di Alfred Hitchcock

60 anni (1948) fa uscì il primo film a colori di A. Hitchcock, per la prima volta anche produttore. Rope (laccio, corda in inglese), Nodo alla gola in italiano, distribuito anche come Cocktail per un cadavere. Più bello il titolo (Nodo alla gola) fedele all’originale, il titolo alternativo rende meglio conto della sua celebrazione in questa rivista. Due giovani ricchi e omosessuali strangolano un amico, così per provare, e ne nascondono il cadavere in una cassapanca intorno alla quale organizzano un piccolo party, James Stewart invitando i parenti dell'ucciso, ma anche un loro professore. È famoso per il suo virtuosismo tecnico: fu girato in piani-sequenza di 10 minuti l'uno in modo che sembri costituito da una sola inquadratura. Ispirato a un caso di cronaca nera (il delitto Leopold-Loeb) e tratto da un lavoro teatrale (1929) di Patrick Hamilton, adattato da Arthur Laurents, è uno psicodramma che smonta l'idea nicciana e superomistica dell'"atto superfluo".
Film decisivo, film-esperimento, film-svolta, Nodo alla gola è tanto famoso quanto poco visto.

La commedia teatrale su cui si basava il film si svolgeva in tempo reale, e l'azione non prevedeva i tradizionali intervalli; per ottenere sullo schermo l'effetto cronologico continuato, Hitchcock dovette pianificare i sia pur minimi spostamenti della macchina da presa ed «inventarsi» un metodo per non ricorrere al montaggio: facendo passare un personaggio davanti all'obiettivo per oscurarlo proprio nel momento preciso in cui la pellicola del caricatore finiva («Così c'era un primissimo piano sulla giacca di un personaggio e all'inizio della bobina successiva si riprendeva ancora col primissimo piano sulla sua giacca»).
Molti sanno che si tratta del paradigma del piano-sequenza, girato, senza effettuare tagli, con tutte riprese di 10 minuti ciascuna: utilizzando cioè solo il tempo di durata del caricatore, 300 metri di pellicola.

Hitch La  macabra ironia, l’inquietante humor nero del film ruota attorno una cassapanca. In essa gli assassini hanno nascosto il cadavere della vittima.  Sopra di essa viene apparecchiata la cena-buffet consumata dagli invitati.  E tra la cassapanca apparecchiata e lo scorcio di cucina che integra la scena, si svolge un simposio in piena regola, durante il quale, tra un boccone e l’altro, un bicchiere e l’altro i bluffs di Brandon avvolgono il misfatto - la sua concretezza agghiacciante - in una rete indistruttibile di sofismi logici. Il doppiofondo morale degli studenti fa «esplodere», in un certo senso, l'innocente complicità del professor Cadell: il quale rinnega i propri postulati filosofici man mano che accetta le provocazioni dialettiche.
Una battuta del dialogo li inchioda definitivamente: «Voi scegliete spesso delle parole per il loro suono piuttosto che per il loro significato». James Stewart è all'esordio hitchcockiano: la sua intelligenza scenica gli da’ un'andatura sorniona, sospesa tra ingenuità e determinazione, ed un surplus ironico solo apparentemente fuori registro.

La conclusione di MenSA: un film di svolta per Hitchcock e la storia del cinema è anche, come è accaduto spesso, un food movie, genere o sottogenere (quest’ultimo non ci piace affatto), che, a guardarci dentro (come finalmente si fa in maniera vorticosamente crescente), si rivela (ovviamente nei casi in cui non si tratti di episodiche citazioni ma di riferimenti centrali o comunque rilevanti) ricco di interesse e particolarmente adatto a valorizzare le caratteristiche peculiari e proprie del mezzo e dell’arte cinematografica.

invia questo articolo   






[I ricettari dagli utenti]

aggiornato al 24.02.2009 info@mensamagazine.it - MenSA 1997-2007©

Valid CSS!