Lo spazio del cibo in 2001, Odissea nello spazio.
40 anni dal capolavoro di Kubrick
di Rino Pensato
Non sappiamo se “2001 Odissea nello spazio”, il film dei film, il film totale (“a film about everything”), per noi una delle 10 cose per le quali vale la pena vivere (secondo la formula alleniana di Manhattan, altro pezzo da novanta) sia sfuggito all’analisi di qualche categoria di studiosi, specialisti, professionisti, che l’hanno analizzato, anatomizzato, ciascuno dal suo punto di vista e nei suoi mille aspetti.
Forse un aspetto non analizzato, se non per qualche accenno, tuttavia in funzione altra rispetto alla cosa in sé, è il cibo, anzi il cibo e le bevande
Proviamo a farlo noi di MenSA, con mille limiti e in fretta (abbiamo sempre molto da fare e MenSA è pur sempre il nostro hobby, amatissimo, ma sempre hobby è).
Dunque, solo alcune brevi e superficiali considerazioni, descrizione più che altro, ma con un avvertimento preliminare.
Attenzione: in quel capolavoro niente è lasciato al caso, nulla, anche il più insignificante (in apparenza ) fotogramma non è lì per caso.
Dunque anche i diversi momenti in cui compare il cibo o la bevanda sono, nell’organica e intera opera d’arte che è il film nel suo complesso, degni di interesse e di studio da parte dello spettatore e il mistero che pervade tutto il film avvolge anche, almeno in parte, le sequenze gastronomiche o alimentari.
Intanto non è un caso che il cibo compaia, contestualmente alla comparsa dell’“arma”, l’osso subito individuato come arma di offesa e di dominio tribale e territoriale, nel primo capitolo “L’alba dell’uomo” e nell’ultimo, “Giove e oltre l’infinito”. Trasparente la prima apparizione (scimmie antropoidi che lacerano con le mani e con i denti pezzi di carne cruda), misterioso il contesto dell’ultima. Una camera barocca-rococò bianca su Giove, dove David vede se stesso molto vecchio, seduto, elegante nella sua veste da camera nera, a un tavolino-carrello, impeccabilmente apparecchiato, intento a consumare un pasto sobrio ma in tutta evidenza classico e raffinato e innaffiato da un bianco delibato in un calice, che finisce per cadere, a significare qualcosa che a noi ancora, dopo tantissime visioni, ancora sfugge, come molte altre cose del film.
Quel che non ci sfugge è il finale del film, che collega, non casualmente, cibo, morte e vita (o rinascita), e tutto riguardante la medesima persona, David, che atterra, da solo, su Giove. Quel che ulissianamente lo guida è la ricerca del mistero della vita, per attingere il quale ha sfidato il potere di controllo elettronico di Hal. Un Hal ormai umanizzato al punto di uccidere per orgoglio, di provare paura di fronte all’intenzione di David di disattivarlo (ucciderlo), di tentare la carta dell’ipocrisia (accampando addirittura un proprio malessere all’origine del suo malfunzionamento e susseguenti misfatti) e della captatio benevolentiae.
E non deve essere senza significato il fatto che l’ultima azione di David che Kubrick ci mostra sia appunto la consumazione di un pranzo classico in un contesto raffinato, dopo la carne cruda delle scimmie antropoidi e tramezzini e profetici (vero, Adrià) vassoi con cannuccia incorporata, ed altri sul genere mousse o gelatine colorate al cucchiaio. Dopo il pasto descritto, nient’altro. Si fa per dire. Per dire nient’altro che la morte, di fronte al misterioso monolito e una nuova vita che irrompe nell’universo (lo stesso David?).
Questo per sommi capi.
Più in dettaglio ecco tutte le scene anche minimamente collegate al cibo.
Nel primo capitolo del film, “L’alba dell’uomo” gli umanoidi, ancora più scimmie che uomini, divorano, utilizzando mani e denti, parti di bestie vittime della nuova arma appena scoperta casualmente da uno di loro. Da segnalare che contemporaneamente essi scoprono anche l’esistenza del misterioso monolito, che ricomparirà, fulcro periodico di tutti i misteri che cela il film, dalla sua ricomparsa sulla Luna, fino alla scena finale, quando lo ritroviamo su Giove ai piedi del letto dove David muore (e forse rinasce).
Durante un viaggio di trasferimento il dr. Wolfe e i suoi compagni si nutrono, proprio come in alcune pause pranzo da bar dei nostri giorni, di tramezzini al pollo e al prosciutto e caffè caldo. Per di più, anche gli oggetti, ridiventano “normali”, rispetto ai successivi “vassoi” futuribili. Un ampio frigo portatile da picnic per gli alimenti e un normale thermos per il caffè caldo.
In una sosta su una base spaziale multinazionale, durante un cordiale, ma diffidente incontro, astronauti russi invitano i colleghi americani a condividere le bevande non meglio identificate che stanno ingerendo. Offerta rifiutata (residui di diffidenza da guerra fredda che appare tuttavia ormai superata anche nel futuro di Kubrik, oltre che nel nostro presente?).
Nel corso di una video telefonata Frank, compagno d’avventura di Davide verso Giove, elogia, forse con un po’ di nostalgia, non enfatizzata da Kubrik, la torta di compleanno mostratagli dalla sua bambina, torta rigidamente classica, sembra di poter ipotizzare la presenza di pan di Spagna, panna e frutti freschi.
Un pasto presumibilmente completo (a giudicare dalle icone) viene consumato dall’intero equipaggio in viaggio verso la luna servendosi da u distributore automatico non molto dissimile da gli attuali. Gli alimenti, dai colori netti perfettamente corrispondenti ai loro equivalenti “naturali”, vengono tuttavia assunti attraverso cannucce incorporate nei vassoi, il che autorizza senza sforzo a presumere una tendenziale liquidità dei cibi.
Un pasto analogo, stesso vassoio, stessi scomparti, colori meno netti ma comunque corrispondenti a materie prime verosimili, diverse anche da comMenSAle a comMenSAle (il menu è alla carta, esposta fuori dalla macchina self service utilizzata per prelevare i vassoi) viene consumato dall’equipaggio in viaggio verso Giove. L’uso di posate e la visione delle porzioni di cibo rimasto negli scomparti del vassoio, suggeriscono una consistenza cremosa (mousse?) o gelatinosa.
Il riferimento più affascinante, parte integrante del misterioso finale del capolavoro di Kubrick, è il pranzo finale, l’ultimo cui assistiamo e forse l’ultimo della vita di David.
David atterra finalmente su Giove. Si ritrova, capelli bianchi e grigi, ma non del tutto invecchiato, ancora in tuta spaziale, in uno splendido ambiente barocco, dominato da un bianco abbagliante, contrastata dai colori di due dipinti antichi alle pareti e dalla veste da camera (sembra velluto), tutta nera, indossata da un David molto invecchiato, intento a consumare, su un carrello da pasto, un pranzo classico e all’apparenza raffinato. Riconosciamo David, fino a un certo punto inquadrato di spalle, quando, avvertendo una presenza estranea (è lui stesso che si aggira in tuta nell’ambiente e che lo osserva mentre mangia) si alza e si affaccia alla porta della camera. Non c’è nessuno. Il primo David si è dissolto e lascia tutta la scena al David vecchio. Il quale torna al suo pasto, rovescia inavvertitamente un flute di vino bianco, osserva a lungo il bicchiere in frantumi sul pavimento. L’ultimo riferimento al cibo del film è questa. Scena che sarà autocitata da Kubrick in una scena di “Barry Lyndon”, nella quale l’affascinante e misterioso personaggio dello Chevalier replica la situazione prandiale (ambiente simile, un tavolino, cibi e apparecchiatura raffinata…) di David.
La scena finale vede David vecchissimo, ormai incartapecorito, disteso morente sul suo letto, ai piedi del quale troneggia il misterioso monolito. Il resto è il famoso feto, la vita che rinasce, dal letto di David (è sempre lui?) e si mette in viaggio, da Giove, verso e oltre l’infinito (“Giove e oltre l’infinito” è il titolo dell’ultimo capitolo del film).
Fra i tanti misteri irrisolti che il film ci lascia noi, per mestiere e per deformazione professionale, segnaliamo ai tanti che continuano a proporre soluzioni all’uno o all’altro di tali misteri, quello relativo al significato di questo ultimo pasto, consumato da David e associato, in uno spazio temporalmente breve del film, al suo arrivo su Giove, alla sua morte e a una vita che nuova che nasce (secondo alcuni si tratta di rinascita o reincarnazione dello stesso David).
A voi l’onere e l’onore di una risposta. Insieme a un Menu che tenta di riprendere, a modo nostro, le cose diverse che si vedono consumare dai protagonisti del film, dalle scimmie antropoidi a David e alla sua ultima cena.
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