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MenSA - Culture e piaceri della tavola - n° 5-6 - mag/giu 2006
Editoriale Alla ricerca dei piatti tradizionali in estinzione
Lasagne: chi le ha viste?
di Giancarlo Roversi

Tutte le cucine tradizionali, e quella bolognese in particolare, mostrano, da qualche tempo, segni di crisi. Crisi non a livello di gusto, fragranza e originalità delle proposte gastronomiche dei ristoranti, che anzi mostrano un forte salto in fatto di qualità e di assortimento. Crisi nel senso della progressiva rarefazione nei menù di alcuni piatti-simbolo, cristallizzati nel corso dei secoli e che hanno contribuito a dare fama culinaria a molte città. Un fenomeno in parte provocato dalla crescente massificazione dell'alimentazione, dal sempre minor tempo dedicato in casa ai fornelli e dall'appiattimento dei gusti a causa dell'affermarsi di un nuovo tipo di alimentazione standardizzato nella ristorazione collettiva delle mense aziendali, scuole, ecc. Ma anche determinato dall'introduzione di nuove mode "esotiche" (nel senso di mode slegate dalle più profonde radici locali) e dall'invasione delle cucine etniche in tutte le nostre città, come pure dalla maggiore possibilità di viaggiare, e quindi di sperimentare altri cibi, che oggi riguarda un numero crescente di persone.Lasagne

Tra le vittime più illustri di questa crisi, vi sono certamente le lasagne, una delle specialità più caratteristiche ed apprezzate del territorio bolognese, che ormai è uccel di bosco nei menu di molti ristoranti. Tutt'al più talvolta la si riesce ancora a trovare, ma, avverte il menù, "solo su ordinazione", il che significa che bisogna mettersi in nota preventivamente, alcune ore o un giorno prima. Una richiesta, questa, che al limite può essere superata facilmente da chi abita a Bologna, ma non dai turisti che transitano sotto le Due Torri.
E pensare che si tratta di uno dei piatti che hanno tenuto alta la bandiera della cucina petroniana, sia nel tipo più antico a pasta gialla con "ovarine", sia in quello relativamente più recente a pasta verde, entrambi insaporiti con strati di succulento ragù,cremosa besciamella e profumato con parmigiano-reggiano.

Nei secoli passati il condimento era però quasi esclusivamente a base di strati di formaggio intercalati con i pezzi di sfoglia. Lo conferma la ricetta "de le lasagne" contenuta nel "Libro di cucina del sec. XIV" della Biblioteca Universitaria di Bologna, stampato da Francesco Zambrini nel 1863. Eccone il testo:
"Togli farina bona, bianca, distempera con acqua tepida e fa che sia spessa. Poi la stendi sottilmente e lassa sciugare .Debbiansi cuocere nel brodo del cappone o d'altra carne grassa. Poi metti nel piattello col cascio grasso grattato, a suolo a suolo, come ti piace".

Anche nell "Economia del cittadino in villa" (1644) del bolognese Vincenzo Tanara, nel menù del mese di aprile, è ricordata questa vivanda, sempre a base di formaggio, ma certamente più ricca rispetto alla versione trecentesca. Si tratta delle "lasagne a vento,tramezzate con fette di provatura o di formaglio tomino e polverizzate di cascio duro di Parma e sottestate con butiro".

Il Tanara segnala pure,nel menù di maggio, le lasagne "stuffate in latte di pignoli, zucchero e cannella" e informa che,nei giorni di vigilia, alcuni solevano servirsi di "pan grattato, in luogo di cascio, tramezzandolo tra le lasagne… mischiato con mandorle pistazzate,poco zucchero, pepe ammaccato".

A offrire però la ricetta più completa della caratteristica specialità petroniana è il cuoco bolognese seicentesco Giuseppe Lamma nel trattato culinario dato anni fa alle stampe da chi scrive queste righe. Si riferisce ai "maccabei che li genovesi chiamano crecette et in lingua bolognese si chiamano lasagne". Anche in questo caso il formaggio fa la parte del leone, ma il Lamma prevede pure una variante a base di carne.

Lasagne

Queste erano le lasagne del "buon" (si fa per dire) "tempo andato", lasagne che poco hanno da spartire con quelle cui siamo abituati oggi. O, per meglio dire, che ci erano familiari fino a pochi anni fa, prima cioè che si trasformassero in primule rosse della gastronomia petroniana. Se si sono eclissate è ovvio che un motivo esisterà. Non erano più richieste? E' probabile, dato che si tratta di un piatto generoso che può fare a pugni con qualche regime dietetico castigato. Ma, per quanto se ne sa, i turisti che numerosi giungono a Bologna, soprattutto per le fiere e i congressi, non mancano mai di richiederle. E allora? Forse la loro preparazione costituisce una complicazione con i ritmi attuali del lavoro di cucina nei ristoranti. Può essere. Ma in tal caso occorre che siano almeno disponibili quelle precotte (ma di ottima qualità !).
Possiamo sperare in una rinascita di questo succulento piatto o dovremo fra non molto piangerne la scomparsa? Chi ha orecchie per intendere...

[I ricettari dagli utenti]


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