Editoriale
Spunti tra eros e vino
Era la vite il frutto proibito del paradiso terrestre?
di Giancarlo Roversi
La ricorrenza di S. Valentino, un tempo protettore degli ammalati e oggi di quella particolare categoria di persone che soffre di mal... d'amore può suggerire qualche spunto letterario sulla funzione del vino nel rapporto amoroso che del resto vanta una ricchissima letteratura.
Narra una remota leggenda che Noè, una volta uscito dall'arca, rivolse un'accorata supplica al Padre Eterno per ottenere un rimedio per mondare l'acqua, contaminata dai resti in decomposizione di uomini e animali periti nella memorabile alluvione. Immediatamente il cielo si squarciò e ne uscì una florida vite carica di grappoli dorati, che il patriarca schiacciò dissetandosi col loro succo. Subito dopo piantò i suoi semi e ottenne quell'inebriante liquore che più tardi lo farà ubriacare, inducendolo a maledire per l'eternità il figlio Cam, reo di averlo deriso.
Un'altra divertente leggenda ci mostra Noè proprio mentre sta zappando il campo per mettere a dimora la vite. Gli si presenta Satana, curioso di conoscere quale sia la nuova pianta che sta interrando: "Pianto la vite", gli dice il patriarca. Di rimando il diavolo: "La vite? Pianta magnifica, frutto meraviglioso! Gioia e delizia degli uomini! Il tuo lavoro è superbo: vuoi che aggiunga l'opera mia? Così diventerà perfetto". Non appena Mosè acconsente Satana sgozza una pecora e con il suo sangue annaffia il terreno: "questo sangue fa sì che chi berrà moderatamente il liquore della vite sarà come la pecora, d'animo mansueto, di pensieri benevoli e dolci".
Subito dopo agguanta un leone, lo sventra e irrora le zolle col suo sangue: "questo sangue fa sì che chi berrà smodatamente, si sentirà esuberante come un leone, col sangue che ribolle spumoso nelle vene e gli spiriti che s'inorgogliscono, e l'uomo griderà: chi è pari a me".
Il diavolo termina il suo intervento con l'uccisione di un maiale, spargendo il suo sangue immondo al suolo: "questo fa sì che chi tracanna esageratamente il succo dell'uva si rotolerà in mezzo alle sozzure così come fa porco nel fango".
Una leggenda, questa, con chiari intenti morali, non c'è dubbio, messa certamente in circolazione quando si comincia ad abusare del vino che si trasforma per l'uomo in un veicolo di degradazione. Però la presenza di Satana come burattinaio ha indotto qualcuno a pensare che l'albero proibito del bene e del male del Paradiso terrestre fosse proprio la vite anzichè l'innocua mela. Ad adombrare questa ipotesi sono anche alcuni rabbini come testimonia il Leviticus rabbà. Se questa teoria fosse vera anche il peccato originale avrebbe un senso e rientrerebbe nell'eterno gioco dell'eros.
A scorrere le pagine dell'Antico Testamento ci si imbatte in memorabili libagioni per offerte rituali, per momenti di festa, per propiziare l'amore. Per la sbronza il generale babilonese Oloferne ci rimette la testa per mano di Giuditta mentre re Davide fa ubriacare e poi uccidere il marito di Betsabea per godersela tutta per sè.
Dall'amore incestuoso delle figlie di Lot a quello bucolico del "Cantico del cantici"
All'amore incestuoso, con la complicità del vino, è legato l'episodio delle due giovani figlie di Lot, nipote di Abramo, narrato nel libro della Genesi. Vivendo col padre isolate dal mondo in una caverna nella montagna dove hanno trovato rifugio dopo la distruzione di Sodoma e Gomorra, a un bel momento, dato che non ci sono altri uomini nei dintorni e che Lot è già avanti con gli anni e rischia di perdere la sua virilità, gli fanno prendere una bella sbornia per creare le premesse di un amplesso e assicurare in tal modo una progenie alla famiglia: "Facciamo bere del vino a nostro padre e poi corichiamoci con lui, così potremo serbare la discendenza".
Grazie al vino e ai suoi effetti disinibitori su Lot la figlia maggiore partorì Moab, il futuro capotribù dei Moabiti mentre l'altra dette alla luce Ammon, il capostipite degli Ammoniti.
Nel Cantico dei Cantici, uno dei brani più sublimi e armoniosi dell'Antico Testamento oltre che testo fondamentale del simbolismo cristiano, la vite domina la scena che vede due giovani innamorati cantare i piaceri e i tormenti del loro cuore:
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Canta la ragazza:
Mi ha condotta nella casa del vini
e la sua armata contro di me è amore.
Ravvivatemi con focacce d'uva
rianimatemi con cedri:
sono malata d'amore io!
Prendete le piccole volpi che devastano le vigne:
le nostre vigne sono in fiore!
Di rincontro l'innamorato:
Il fico emette le sue gemme,
e le viti in fiore esalano profumo.
Alzati amica mia, mia bella, e vieni!
All'alba scenderemo nelle vigne,
vedremo se la vite germoglia,
se sbocciano i fiori,
se fioriscono i melograni...
Mi siano i tuoi seni
come i grappoli della vite,
il profumo del tuo respiro
come quello dei cedri
e il tuo palato come ottimo vino
che scende dritto alla mia bocca
e fluisce sulle labbra e sui denti!
...là ti darò le mie carezze.
(Cantico dei Cantici 7, 1-3, 9-10)
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