La ricetta nasce in una barca per la raccolta delle “cappe”, dove i marinai della laguna sud, selezionati i pezzi buoni per la vendita, cocevano a fuoco lento (ovvero “pipavano”) all’interno di un “casso” (è il nome dialettale di una pentola di coccio) tutti le cappe cosiddette “matte”, ovvero quelle troppo piccole o di tipo diverso (capetonde, pevarasse, capelonghe, canestrei,…), che gli servisse come condimenti per i “bigoli”, gli spaghettoni di farina di grano duro che sono l’unico baluardo a difesa dell’italica pasta alimentare in tutta la regione del Veneto “polenton”.
Si tratta quindi di una ricetta estremamente semplice: prendete degli spaghettoni grossi o bigoli (non però attenzione, i bigoli cosiddetti “mori”, che sono adatti all’abbinamento con la saporita “salsa” di acciughe, di tradizione per il Redentore -e non solo-!) e bolliteli in acqua salata.
Prima di questo dovreste avere preparato la salsa: mettete a crudo in un battuto di cipolla, aglio, prezzemolo e olio, le vostre “cappe”, ovvero caparozzoli (vongole veraci), pevarasse (vongole comuni), e tutto quello che si possa reperire di molluschi sul mercato.
Cocete a fuoco non vivo i frutti di mare finché sono aperti. Liberati parte dei molluschi dalle loro valve, aggiungete a piacere olio d’oliva, un pizzico di pepe, e volendo un po’ di acciughe salate e del pomodoro a pezzettini; otterrete così un sugo abbastanza saporito con il quale condire, padellandoli, i “bigoli” che avrete preparato.
Attenzione ai tempi: i veri bigoli, fatti in casa, hanno bisogno di venti minuti almeno di cottura. |