Quando sentite parlare della cucina bolognese fate una riverenza, ché se la merita.
È un modo di cucinare un po’ grave, se vogliamo, perché il clima così richiede; ma succulento, di buon gusto e salubre, tanto è vero che colà le longevità di ottanta e novant’anni sono più comuni che altrove.
I seguenti tortellini, benché più semplici e meno dispendiosi degli antecedenti, non sono per bontà inferiori, e ve ne convincerete alla prova.
Tritate ben fini colla lunetta il prosciutto e la mortadella, tritate egualmente il midollo senza disfarlo al fuoco, aggiungetelo agli altri ingredienti ed intridete il tutto coll'uovo mescolando bene.
Si chiudono nella sfoglia d'uovo come gli altri, tagliandola col piccolo stampo del n. 8.
Non patiscono conservandoli per giorni ed anche per qualche settimana e se desiderate che conservino un bel color giallo metteteli, appena fatti, ad asciugare nella caldana.
Con questa dose ne farete poco meno di 300, e ci vorrà una sfoglia di tre uova.
Bologna è un gran castellazzo dove si fanno continue magnazze, diceva un tale che a quando a quando colà si recava a banchettare cogli amici.
Nell'iperbole di questa sentenza c'è un fondo di vero, del quale, un filantropo che vagheggiasse di legare il suo nome a un'opera di beneficenza nuova in Italia, potrebbe giovarsi.
Parlo di un Istituto culinario, ossia scuola di cucina a cui Bologna si presterebbe più di qualunque altra città pei suo grande consumo, per l'eccellenza dei cibi e pel modo di cucinarli.
Nessuno apparentemente vuol dare importanza al mangiare, e la ragione è facile a comprendersi: ma poi, messa da parte l'ipocrisia, tutti si lagnano di un desinare cattivo o di una indigestione per cibi mal preparati. La nutrizione essendo il primo bisogno della vita, è cosa ragionevole l'occuparsene per soddisfarlo meno peggio che sia possibile.
Uno scrittore straniero dice: “La salute, la morale, le gioie della famiglia si collegano colla cucina, quindi sarebbe ottima cosa che ogni donna, popolana o signora, conoscesse un'arte che è feconda di benessere, di salute, di ricchezza e di pace alla famiglia”; e il nostro Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini) in una conferenza tenuta all'Esposizione di Torino il 21 giugno 1884 diceva: “È necessario che cessi il pregiudizio che accusa di volgarità la cucina, poiché non è volgare quel che serve ad una voluttà intelligente ed elegante.
Un produttore di vini che manipola l'uva e qualche volta il campeggio per cavarne una bevanda grata, è accarezzato, invidiato e fatto commendatore.
Un cuoco che manipola anch'esso la materia prima per ottenerne un cibo piacevole, nonché onorato e stimato, non è nemmeno ammesso in anticamera.
Bacco è figlio di Giove, Como (il Dio delle mense) di ignoti genitori.
Eppure il savio dice: Dimmi quel che tu mangi e ti dirò chi sei.
Eppure i popoli stessi hanno una indole loro, forte o vile, grande o miserabile, in gran parte dagli alimenti che usano.
Non c'è dunque giustizia distributiva.
Bisogna riabilitare la cucina”.
Dico dunque che il mio Istituto dovrebbe servire per allevare delle giovani cuoche le quali, naturalmente più economiche degli uomini e di minore dispendio, troverebbero facile impiego e possederebbero un'arte, che portata nelle case borghesi, sarebbe un farmaco alle tante arrabbiature che spesso avvengono nelle famiglie a cagione di un pessimo desinare; e perché ciò non accada sento che una giudiziosa signora, di una città toscana, ha fatto ingrandire la sua troppo piccola cucina per aver più agio a divertirsi col mio libro alla mano.
Ho lasciato cader questa idea così in embrione ed informe; la raccatti altri, la svolga e ne faccia suo pro qualora creda l'opera meritoria. Io sono d'avviso che una simile istituzione ben diretta, accettante le ordinazioni dei privati e vendendo le pietanze già cucinate, si potrebbe impiantare, condurre e far prosperare con un capitale e con una spesa relativamente piccoli.
Se vorrete i tortellini anche più gentili aggiungete alla presente ricetta un mezzo petto di cappone cotto nel burro, un rosso d'uovo e la buona misura di tutto il resto. |