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I “Cicheti” delle osterie e la granseola
preparazione

Anno 1962, aprile, mercato di Mestre. Tra le bancarelle colorate e rumorose, brulicanti di gente che compra e che vende nell'entusiasmo del boom economico dell'Italia che esce dal dopoguerra, si distinguono, per i fumi che escono dalle pentole al fuoco ed i profumi dolci dell'olio che frigge, le bancarelle dei venditori di "cicheti".
Sui banchi sono esposte le "canoce", i "folpetti" nel loro "cain", i "garusoli", i "vòvi de sepa", i "bovoleti" piccanti di aglio, le "schie" e i gamberetti di laguna, i "canestrei", le zuppe di "peoci", "capetonde" e "capelonghe", e le oggi preziosissime "moleche" fritte.

Dino Boscarato, giovane ristoratore che arrivava dalla montagna, girava con una borsetta celeste per il mercato e curiosava intorno a queste bancarelle; perché il signor Galbani, venditore di pesce, per fagli capire come si preparava il pesce da quelle parti, gli aveva suggerito di andare a vedere di quelle piccole golosità vendute "fuori pasto" e chiamate da secoli a Venezia "cicheti"; perché lui, da buon dilettante (vi si legga: colui che si diletta, e nelle cose che fa mette passione), del pesce conosceva solo le trote che si vendevano nelle valli del Cadore.

Così l'Amelia ha cominciato a inserire i "cicheti" nella lista, serviti in vassoi di ceramica guarniti e ben conditi di prezzemolo ed olio buono, ad una giusta temperatura; ovvero, l'antipasto bollito di pesce, che all'epoca in nessun menu di ristorante di qualità (a quel che ci risulta dai racconti) poteva vantare diritto di cittadinanza.
E tra questi la granseola, pulita dai camerieri e servita nel suo guscio, che i nostri clienti ancora oggi vengono a mangiare anche da lontano, certi che la polpa che serviamo non conosce scatolette ed è tutta pulita da noi, quasi giornalmente.

I "cicheti" sono stati certamente una delle chiavi del successo del nostro locale.
Ancora oggi, in una versione ovviamente riveduta ed aggiornata, è uno dei piatti più richiesti, allegro, ricco, vario, gustosissimo.

Qualche accorgimento tecnico, dal momento che per la ricetta consiste, di fatto, nella sola bollitura del pesce in acqua salata: la piovra va cotta per lungo tempo, un'ora o un'ora e mezza a seconda delle dimensioni, in acqua salata e meglio se acidificata con aceto o limone, per ammonirne la fibra molto coriacea.
Con i gamberi ed i folpetti dovete invece fare attenzione, servono circa dieci minuti di bollitura; se superate il tempo previsto diventano duri, e la cottura dei folpetti è buona quando si rompe facilmente quella "aletta" che si forma tra il corpo e i tentacoli; quando è cotta la granseola? Quando il corallo al suo interno diventa rosso-arancione, ma soprattutto si solidifica: succede dopo circa 40 muniti di cottura, in acqua bollente con sale, sedano, carote.

note 
Fonte: ristorante l’Amelia a Mestre  
 
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