Formaggio di Parma e salsiccia di Modena in un banchetto di Carnevale a Bologna nel 1643
di Giancarlo Roversi
É risaputo che il '600 e il '700 furono i secoli d'oro della gastronomia italiana ed europea per la raffinatezza e l'opulenza delle vivande e per l'inesauribile vena dei grandi cuochi, continuamente indaffarati a creare sempre nuove formidabili specialità culinarie grazie anche all'utilizzo dei nuovi prodotti giunti in Europa dall'America e alla sapiente rielaborazione di esperienze tratte dalle cucine d'Oltralpe e di altre regioni italiane. Ma furono anche secoli di contrasti nutrizionali stridenti. Mentre infatti sulle tavole dei ceti abbienti si alternavano i piatti più fantasiosi ed esclusivi, la cui realizzazione veniva affidata agli scalchi, ai cuochi, ai trincianti e ai pasticceri più estrosi, sulle misere mense dei più diseredati mancava a volte anche l'essenziale per sopravvivere. E se delle abitudini alimentari degli strati popolari ci sono pervenute scarne testimonianze scritte, su quelle delle classi aristocratiche esiste un'abbondante documentazione a stampa (basti pensare ai trattati culinari apparsi fra il sec. XVI e il XVIII) e una messe di materiali manoscritti contenenti soprattutto la descrizione minuziosa delle vivande ammannite nel corso di conviti pantagruelici.
Le occasioni per banchettare erano ovviamente assai frequenti: feste civili e religiose, arrivo di ospiti illustri, nozze, monacazioni, battesimi, accademie letterarie, lauree, insediamento o commiato di pubblici magistrati, ecc. Laute riunioni conviviali si tenevano pure quando il carnevale impazzava per la via. In tale circostanza le tavole dei nobili tripudiavano di ogni ben di Dio ad uso e consumo di un ristretto e scelto gruppo di fortunati commensali che al termine della bisboccia, accompagnata quasi sempre da melodiose esecuzioni musicali, si abbandonavano alle danze più in voga.
Una significativa testimonianza delle sontuose e memorabili imbandigioni carnevalesche allestite nei secoli passati all'ombra delle due torri, è offerta dall'agronomo e gastronomo bolognese del '600 Vincenzo Tanara nella sua celebre e fortunata opera l'Economia del cittadino in villa, la cui prima edizione vide la luce nel 1644. Il banchetto che viene descritto risale al carnevale dell'anno precedente e si svolse a Bologna nel Palazzo del marchese Tanari situato in via Galliera 18, all'angolo con la piazzetta di S.Maria della Pioggia. A dargli lustro fu l'intervento del cardinal legato Antonio Barberini, nipote di papa Urbano VIII e di una folta rappresentanza del patriziato cittadino fra cui ben cinquanta dame. Queste ultime erano state invitate per la grande festa di ballo in programma al termine del convito, ma, grazie a una "gentile concessione" affermatasi da pochi anni a Bologna, poterono fermarsi anche a cena per essere, come osserva il Tanara, "più unite e comode al seguito della danza". Non ebbero comunque il privilegio di prendere parte al pranzo ufficiale, riservato solo agli uomini, ma mangiarono in una sala separata servite dai mariti, da altri nobili e dallo scalco del cardinale.
Il Tanara non ricorda le vivande ammannite nel "gineceo" mentre descrive minutamente il menù per soli uomini che ebbe come entrée cinque piatti imperiali contenenti rispettivamente pasticcini alla genovese; pagnotte "gentilmente" ripiene; una bisca, cioè una vivanda composta di carne e verdure varie; galli d'India (= tacchini) ripieni, tostati e contornati di tartelette di latte in pasta sfoglia; polpettoni di petto di fagiani fatti a forma di api (emblema araldico dei Barberini), ornati con lattuga e impreziosii da polpettine a foggia di pera preparate con petto di starne, pistacchi e cedro candito. Fecero seguito un bacile colmo di insalata putrida un piatto di "gelatina di monache", definita "trasparente e gustosa", un gallo d'India al pimento. che fu portato in tavola ricoperto con le proprie penne come se fosse vivo.
Il primo servizio freddo, o di "credenza", comprendeva inoltre un pasticcio "in bella norma"; una lingua di bue salmistrata decorata con fettine di limone; un ricco assortimento di paste sfogliate fatte a forma di gigli; saporosa uva fresca servita in tazze con fiori; cremoso mangiar bianco gettato negli stampi.
Il primo servizio caldo o "di cucina", si aprì con un fumante e profumato piatto di piccioncini di primo pelo lessati, ripieni di pistacchi e serviti su fette di pane abbrustolito e con contorno di midollo e di "Cascio" di Parma, cioè il celebre grana parmigiano. Vennero poi portati in tavola: braciole di vitella battute, servite con salsa reale e lavori di pasta sfoglia; fegatelli di capretto avvolti in rete di maiale e cotti allo spiedo con contorno di salvia fritta e melangoli spaccati; un capretto in fricassea ammannito agli ospiti con salsa imperiale; capponi lessati coperti di sedani e accompagnati da salciccia di Modena, formaggio, mortadella grattugiato e salsa bianca.
Ecco invece la successione dei piatti del secondo servizio di cucina. Come esordio fu servito un pasticcio brodoso con vitella battuta, uccelletti, bocconcini di mammella di vitella, tartufi, cardi, pinoli e prugne di Marsiglia. Fece seguito un piatto di testine di capretto pelate e disossate, dorate e fritte, contornate di frittelline di sambuco. Per ultimo fu presentato un polpettone di vitello fatto a forma di stella, decorato con pinoli e pistacchi e circondato di polpettine. Il terzo servizio di cucina prese l'avvio con un piatto di quaglie allo spiedo servite in casse di pasta sfoglia, circondate di rosmarino fritto. Fu poi la volta di un bel gallo d'India lardato cotto arrosto e servito con salsa di capperi, limoncelli e melegrane. I commensali assaggiarono quindi una rognonata di vitello lardata, cotta allo schidione (= spiedo) e accompagnata da crostini e salsa di cedro e da una porzione di capretto arrostito con contorno di tordi, salsa di melegrane, saporite crostate di mela e rose di zucchero.
A questo punto chiunque penserà che questo strepitoso banchetto luculliano, in grado di mettere a dura prova anche il più incallito gourmet e il più insaziabile goloso sia giunto al suo epilogo. E invece non bisogna sottovalutare le straordinarie risorse gatrointestinali dell'aristocrazia dei secoli passati, avvezza per lungo tirocinio a surmenages alimentari oggi difficilmente immaginabili.
Infatti, come sottolinea anche il Tanara, dato che allo scoccare della mezzanotte, che segnava l'inizio della quaresima, i convitati sedevano ancora a tavola, fu servita una sostanziosa portata "di magro" affinché nessuno potesse commettere il grave peccato di violare l'astinenza nel giorno delle Ceneri. Tale portata comprendeva: un'insalata di bietole rosse, cicoria, carote, pastinache, servita con fette di tarantello, salmone, alici, uva passita e pinoli e accompagnata da fette di limone con zucchero e aceto rosato; cestini di giunco ripieni di mangiar bianco con mandorle, zucchero e acqua rosata presentati con fiori sopra tazze; zuppa di prugne di Marsiglia zuccherate; bottarga in fette con olio e melangoli servita tiepida; zuppa di ostriche alla tedesca, tartufi con limone recati sopra fette di pane abbruscato; ostriche fritte adagiate su fettine di limone con contorno di caviale; un'insalata trifolata a base di tartufo, ostriche, cavolfiori, code di gamberi, pinoli, pistacchi, prugne di Marsiglia, succo di melangole; ostriche in guscio accompagnate da melangole in bacili.
Il gran finale del memorabile banchetto fu tutta un'apoteosi di frutta, di ortaggi e dolci. Sfilarono sulla tavola: crostate di canditi, pere garavelle, pere cipolle, pere "signore", mele rose, cardi, sedani, uva nera, olive grosse, marroni arrostiti, mele sciroppate cotognate, semi d'anice confettati, funghi di pasta di marzapane.
Se qualcuno vuole cimentarsi a riproporre alcune delle vivande di questa formidabile bisboccia di tre secoli fa che abbiamo ricordato, ha solo l'imbarazzo della scelta. Circa gli effetti però, sia ben chiaro, non ci assumiamo nessuna responsabilità.
Giancarlo Roversi
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Entrée
Pasticcini alla genovese;
Pagnotte "gentilmente" ripiene;
Una bisca (vivanda composta di carne e verdure varie)
Gali d'India (= tacchini) ripieni
Polpettoni di petto di fagiani
Polpettine di petto di starne
Insalata putrida
Gelatina di monache
Gallo d'India al pimentoc
Primo servizio freddo (o di credenza)
Pasticcio in bella norma
Lingua di bue salmistrata
Paste sfogliate
Uva fresca
Mangiar bianco
Primo servizio caldo (o di cucina)
Piccioncini di primo pelo ripieni con contorno di midollo e di
Cascio di Parma Braciole di vitella battute con salsa reale e lavori
di pasta sfoglia
Fegatelli di capretto allo spiedo con contorno di salvia fritta e
melangoli spaccati
Capretto in fricassea con salsa imperiale
Capponi lessati con salciccia di Modena, formaggio, mortadella
grattugiata e salsa bianca
Secondo servizio di cucina
Pasticcio di vitella con uccelletti, bocconcini di mammella,
tartufi, cardi, pinoli e prugne di Marsiglia
Testine di capretto con frittelline di sambuco
Polpettone di vitello
Terzo servizio di cucina
Quaglie allo spiedo con rosmarino fritto
Gallo d'India arrosto con salsa di capperi, limoncelli e melegrane
Rognonata di vitello lardata allo schidione con crostini e salsa di
cedro
Capretto arrostito con contorno di tordi, salsa di melegrane,
crostate di mela e rose di zucchero
Portata "di magro"
Insalata di bietole rosse, cicoria, carote, pastinache, con fette di
tarantello, salmone, alici, uva passita e pinoli, fette di limone
con zucchero e aceto rosato
Mangiar bianco con mandorle, zucchero e acqua rosata
Zuppa di prugne di Marsiglia zuccherate
Bottarga in fette con olio e melangoli
Zuppa di ostriche alla tedesca
Tartufi con limone sopra fette di pane abbruscato
Ostriche fritte su fettine di limone con contorno di caviale
Insalata trifolata a base di tartufo, ostriche, cavolfiori, code di
gamberi, pinoli, pistacchi, prugne di Marsiglia, succo di
melangole
Ostriche in guscio accompagnate da melangole in bacili
Frutti e dolci
Crostate di canditi, pere garavelle, pere cipolle, pere "signore",
mele rose, cardi, sedani, uva nera, olive grosse, marroni arrostiti,
mele sciroppate cotognate, semi d'anice confettati, funghi di pasta
di marzapane.
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